(ANSA) - BELGRADO, 24 MAR - La Serbia ricorda oggi i 20 anni
trascorsi dall'inizio dei bombardamenti Nato per la guerra del
Kosovo, con una serie di cerimonie commemorative per le vittime,
la piu' importante delle quali, alla presenza del presidente
Aleksandar Vucic e della premier Ana Brnabic, in programma
questa sera a Nis, nel sud del Paese, una delle citta' piu'
pesantemente colpite dalle bombe Nato. I raid alleati
scattarono, su ordine dell'allora segretario generale Javier
Solana, la sera del 24 marzo 1999 con i primi cacciabombardieri
decollati dalla base Nato di Aviano, e si conclusero il 9 giugno
dopo 78 giorni di martellanti bombardamenti che colpirono
obiettivi militari e civili, causando la morte di oltre 2.500
persone e il ferimento di molte altre migliaia. Con danni
materiali enormi valutati in decine di miliardi di dollari. Un
intervento militare deciso, senza il mandato Onu e dopo vari
tentativi negoziali in sede diplomatica, con l'obiettivo,
definito 'umanitario', di indurre il regime dell'allora uomo
forte Slobodan Milosevic a porre fine alle repressioni e alla
pulizia etnica in Kosovo e al ritiro delle truppe serbe da quel
territorio. Belgrado ha sempre contestato la legittimita' dei
bombardamenti alleati, definiti ancora oggi una 'brutale
aggressione militare' contro uno stato sovrano europeo, condotti
senza mandato delle Nazioni Unite e contro ogni principio del
diritto internazionale, mentre al contrario Pristina parla di
intervento sacrosanto, che ha contribuito alla 'liberazione' del
Kosovo, e ringrazia per questo i Paesi Nato, amici e alleati,
primi sostenitori dell'indipendenza proclamata poi dal Kosovo il
17 febbraio 2008. Se a Pristina l'anniversario si celebra in una
atmosfera di festa e soddisfazione, a Belgrado prevale il dolore
e si commemorano le migliaia di vittime, ricordando il terrore
delle bombe e le immani distruzioni che misero il Paese in
ginocchio. Nella capitale sono ancora visibili i segni delle
bombe e dei missili con edifici sventrati lasciati a futura
memoria. Una 'azione umanitaria' si trasformo' in 'catastrofe
umanItaria' - sostengono i dirigenti serbi, e oggi il ministro
della difesa Aleksandar Vulin, in un intervento sul quotidiano
Vecernje Novosti, definisce i bombardamenti di 20 anni fa
"l'ultimo grande crimine del del 20/mo secolo", mentre
all'unisono la dirigenza di Belgrado sostiene che l'intervento
militare della Nato non ha raggiunto il suo obiettivo di
risolvere la questione del Kosovo. Un territorio, si sottolinea,
dal quale furono espulsi 200 mila serbi e non albanesi, ancora
caratterizzato da forte instabilita' e discriminazioni
nonostante il dialogo che va avanti da anni tra Belgrado e
Pristina. L'indipendenza del Kosovo oltre che da Belgrado, Mosca
e Pechino non e' riconosciuta da numerosi altri Paesi
occidentali compresi cinque stati membri di Ue e Nato (Spagna,
Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia). Sui media si sottolinea in
particolare il carattere definito 'odioso' e 'offensivo' della
locuzione 'danni collaterali' adottata dai comandi Nato nella
primavera 1999 per giustificare le vittime civili e la
distruzione di scuole, ospedali, ponti e strade in Serbia. Oltre
ai danni sull'ambiente e sulla salute dei cittadini a causa
dell'uranio impoverito contenuto negli ordigni sganciati dai
bombardieri Nato. Una apposita commissione d'inchiesta ha
stabilito che i bambini nati in Serbia tra il 1999 e il 2015
sono risultati piu' vulnerabili allo sviluppo di malattie
tumorali. (ANSA).
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