Nel tripudio di emozioni che è stata la notte di Wembley, virato dall'irrefrenabile gioia iniziale alla delusione più cocente quando si sono spenti i riflettori, la nazionale dei Tre Leoni è comunque tornata l'orgoglio di un intero Paese, nonostante il fango sulla finale di Euro 2020 gettato dai tafferugli pre-post partita, e gli insulti razzisti contro i nazionali inglesi neri.
In poco più di due ore lo stadio londinese è stato attraversato da un arcobaleno di stati d'animo, intensi non meno che opposti. Dalla trepida attesa della vigilia, per una finale vissuta come un appuntamento con la storia, all'esplosione di gioia, per il gol-lampo di Luke Shaw, che aveva illuso i 60mila presenti allo stadio, convinti che finalmente l'Inghilterra del calcio potesse tornare a vincere un torneo internazionale, dopo un digiuno lungo oltre mezzo secolo. Quindi la doccia gelata, al gol di Leonardo Bonucci, che ha ammutolito Wembley, come se già prefigurasse l'inevitabile epilogo. Ed infine, la delusione, profonda, silenziosa non meno che cocente, espressa con l'abbandono dello stadio prima della cerimonia di premiazione.
Ma rispetto al passato, quando ogni sconfitta dei Tre Leoni veniva stigmatizzata, soprattutto dai tabloid, come una vergogna nazionale, questa volta la reazione della stampa (e con essa anche dell'opinione pubblica) è stata di segno completamente opposto: unanime l'elogio ai ragazzi di Gareth Southgate che - con il loro cammino a Euro 2020 - è stato il concetto più ricorrente sui titoli dei quotidiani, hanno reso orgogliosa "un'intera nazione". Certo, resta l'amarezza per la rinnovata maledizione dei calci di rigore, ancora una volta fatali agli inglesi. Così come non sono mancati i rilievi critici allo stesso Southgate per come ha gestito proprio i rigoristi: l'inserimento, a partita conclusa, di Marcus Rashford e Jadon Sancho, e la scelta di affidare al 19enne Bukayo Saka il quinto rigore decisivo, quando aveva a disposizione rigoristi più consumati come Raheem Sterling o Jack Grealish. A fine gara il ct inglese - come sempre di specchiata onestà intellettuale - si è assunto la responsabilità delle decisioni prese, riconoscendo l'errore.