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Società & Diritti

Muro di Berlino, 30 anni fa l'emozione di vivere la storia /FOTO D'EPOCA

Uno stordimento euforico, gioia e picconate, nella città finalmente riunificata

Germany Wall Anniversary © AP
  • di Rodolfo Calò
  • 09 novembre 2019
  • 14:40

Il 9 novembre 1989 il Muro che aveva diviso nel dopoguerra la città di Berlino a partire dal 1961, dividendo famiglie e comunità, fu abbattuto. Una 'rivoluzione' trascinata dai giovani, come sempre spinta e motore di ogni cambiamento sociale. In un mondo dove si fa fatica a trovare le 'buone notizie' , quella fu una delle giornate più euforiche che si siano mai vissute. A Berlino naturalmente, in Germania ma anche nel resto d'Europa. Una diretta televisiva che non finiva mai ci fece partecipi di un momento di svolta storica in positivo come raramente capita di vivere: eravamo lì anche noi, lungo Friedrich Strasse, a togliere pezzi di muro, a sentire con gioia incontenibile il vento della libertà. Le telecamere inquadravano il caos cittadino, i volti dei berlinesi, gli abbracci tra sconosciuti, le persone in lacrime, i ragazzi di Est e Ovest che si guardavano in cima ai resti sgretolati del Muro. Che giorno meraviglioso fu quel 9 novembre: una partecipazione collettiva, 'stavamo facendo la Storia'. I problemi non finirono allora e non sono ancora finiti oggi, la parità vera sociale, economica, non c'è ancora, 30 anni sono pochi, ma l'emozione di quel momento è stata irripetibile. Ecco la ricostruzione (con l'ANSA protagonista, scoprirete perchè...) del nostro corrispondente da Berlino Rodolfo Calò.

Gioia e picconate, abbracci e idranti, sbarre che si alzano e fiumane di vessati che sfociano nella libertà, l'euforico stordimento prodotto dall'onda d'urto del treno della Storia quando passa sferragliando e fischiando così sonoramente da rendere impossibile non accorgersene: la notte della caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre di 30 anni fa, fu tutto questo e definirla 'storica' è quasi riduttivo. 

Il simbolo della fine della cortina di ferro, del mondo diviso in due blocchi atomici, della riunificazione della Germania era stato preparato e preannunciato dalle fughe estive di tedeschi orientali attraverso Ungheria e Cecoslovacchia. Ma anche, il 18 ottobre, dalle dimissioni del leader della Ddr, Erich Honecker, che ancora a gennaio aveva preconizzato vanamente altri 'cento anni di Muro'.
Quella notte cominciò poco prima delle 19 con la conferenza stampa del portavoce del governo della Ddr, Guenter Schabowski, in cui l'allora corrispondente dell'ANSA a Berlino est, Riccardo Ehrman, con una sua domanda ne innescò altre che poi portarono all'annuncio: in pratica, si poteva oltrepassare il Muro. La diretta tv che inquadrava Ehrman seduto ai piedi del tavolone da cui parlava Schabowski spinse decine di migliaia di berlinesi dell'est verso i posti di frontiera fra le due parti della città. Le guardie, colte di sorpresa da un afflusso così massiccio, chiesero ordini su come comportarsi ma comunque alzarono le sbarre bianche e rosse permettendo a tutti di passare senza controlli: una resistenza senza equipaggiamenti anti-sommossa, del resto, era tecnicamente impossibile o sanguinosamente inutile.


All'inizio ci fu stupore e incredulità per la beffa ai Vopos, gli agenti della Polizia del popolo che per quasi 30 anni avevano sparato contro chiunque tentasse di scavalcare il Muro e che si erano resi responsabili più o meno direttamente della morte di almeno 140 fuggiaschi solo a Berlino. Poi, per tutta la notte, solo festa per il flusso di tedeschi dell'est accolto dagli applausi di tanti concittadini dell'ovest: si urla "libertà" e ci si abbraccia, anche fra parenti costretti a vivere divisi per decenni. Giovani - giovane era gran parte di chi si mosse quella notte - che vedono luoghi di cui avevano solo sentito parlare dai più anziani, come l'elegante viale Ku'damm. Si stappano bottiglie, si accendono fiaccole, si sventolano bandiere della Germania e prime copie di un tabloid che già annunciava 'Berlino è di nuovo Berlino'.


Ma l'iconografia scolpita nelle menti è fatta anche e, forse soprattutto, dai ragazzi che si arrampicano sul Muro tirandosi su a vicenda; dal piccone che solleva solo polvere dalla granitica e ormai affollata sommità della barriera; dal lavorio di martelli grandi e piccoli, dei primissimi 'Mauerspechte', i 'picchi del Muro'. E poi i potenti idranti cui si resiste in piedi o, in maniera irridente, accovacciati dietro un ombrello con una confusa consapevolezza che sono solo schizzi alzati dal debole colpo di coda di un regime ormai agonizzante: in tre giorni, due milioni di persone passarono il confine sancendo la fine di un mondo. "Il muro era come una macchina del tempo. Si passava Checkpoint Charlie e si piombava nel passato, negli anni Cinquanta. Meno luci, niente insegne, anche l'aria aveva un altro odore, impestata dalle Trabant, le vetturette in plastica simbolo dell'industria nella Ddr", ha scritto Roberto Giardina, giornalista e scrittore, testimone di quegli anni.

 

 

  • di Rodolfo Calò
  • 09 novembre 2019
  • 14:40

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