Storia di amicizia, amore, sogni e delusioni e' forse il libro piu' intimo di Maalouf, quello in cui lo scrittore - che vive a Parigi ed e' un raro caso di autore straniero diventato Accademico di Francia - mostra il suo sguardo piu' vero sul mondo arabo nel quale potrebbe esserci ''una seconda rivoluzione'' e sulla sua terra d'origine, che non nomina mai direttamente preferendo chiamarla Levante.
''Negli ultimi due anni nel mondo arabo - dice all'ANSA Maalouf, vincitore fra l'altro del premio Goncourt - accanto alla richiesta di far cadere le dittature al potere non abbiamo visto emergere una vera domanda di uguaglianza, di diritti per le donne e le minoranze. Non e' emerso l'aspetto sociale. Per ora sappiamo che i movimenti islamisti al potere in Tunisia ed Egitto vengono fortemente contestati dalla popolazione e questo fa sperare che ci possa essere una seconda rivoluzione per chiedere una vera modernizzazione sociale''. Comunque, sottolinea lo scrittore, che oggi compie 64 anni, ''sara' un processo molto lungo e, in alcuni paesi molto violento, come vediamo in Siria dove, se la situazione continua a peggiorare, anche le ricadute sul Libano saranno piu' pesanti. Per ora le elezioni amministrative che dovevano essere verso maggio-giugno sono state rimandate''. Di tutto questo ma soprattutto con l'esilio, con l'essere un ''disertore onesto'' fa i conti Adam, il protagonista de 'I disorientati' che assomiglia molto a Maalouf. ''Lo sguardo di Adam e' il mio. Le sue ragioni sono molto vicine alle mie ma la sua biografia e' diversa dalla mia'' spiega lo scrittore che per mantenere una distanza da lui alterna la voce del narratore con quella delle pagine del diario di Adam in una costruzione molto coinvolgente della storia. Chiamato dalla moglie di Mourad, un amico di gioventu' sul letto di morte, Adam, professore arabo di storia torna, dopo 25 anni d'esilio, nella sua terra d'origine dove riunisce, con l'aiuto con la bella e ribelle Semiramis, i suoi vecchi compagni e si confronta con i turbamenti di chi e' rimasto e di chi e' partito. ''Ho parlato del Libano in tutto quello che ho scritto ma ho sempre avuto difficolta' a farlo in modo diretto. In parte e' dovuto alla mia sensibilita' personale e al fatto che parto dall'esterno per arrivare all'interno'' dice Maalouf. Il dilemma centrale del romanzo e' che le virtu' di chi e' rimasto, come nel caso Mourad ''lo hanno rovinato'' mentre le mancanze di chi se ne e' andato, come Adam, ''lo hanno salvato''. In Occidente, secondo Maalouf, c'e' una cattiva conoscenza del mondo arabo e dell'Islam ma e' giunto il momento di capire che se queste societa' non diventano democratiche e moderne i problemi saranno enormi e riguarderanno tutti''. Per l'Italia, dove si sono appena concluse le elezioni politiche, Maalouf prova ''molta ammirazione, perche' e' l'unico paese che e' sempre stato capace di dare qualcosa alla civilta' umana.
Oggi pero' siamo in una fase delicata - dice - non solo in Italia ma in Europa della quale bisogna decidere che cosa fare''. (ANSAmed).