Veneto

'Osteria senz'oste' perde appello

Dovrà all'agenzia delle entrate imposte e spese di giudizio

Redazione Ansa

L'Osteria Senz'Oste di Valdobbiadene perde il braccio di ferro con l'Agenzia delle Entrate. Anche in appello la commissione tributaria regionale Venezia-Mestre ha riconosciuto una società di fatto nella messa a disposizione di un rustico nel quale, una volta consumati salumi e formaggi insieme ad un bicchiere di vino senza che vi fosse nessuno a gestirlo, si lasciava un contributo indicato in uno specifico prezzario. L'Osteria Senza Oste dovrà ora al fisco le imposte, alle quali dovrà aggiungere circa 4.000 euro di spese di giudizio.

L''Osteria senza oste' è una stanza di 10 metri quadrati di un rustico disabitato sulle colline del Cartizze, nel quale è possibile servirsi viveri e bevande pagando qualcosa. E sul caso intervennero allora, in difesa del proprietario, anche il presidente della regione Luca Zaia, i proprietario dell'Harry's Bar Arrigo Cipriani e l'attuale vice ministro all'Economia Enrico Zanetti. Tutto nasce dai controlli prima dei vigili urbani, quindi degli ispettori dell'Agenzia delle Entrate, che avevano contestato nel 2013 l'attività svolta e inviato delle cartelle con un accertamento ''per redditi di partecipazione non dichiarati'' in relazione ai periodi d'imposta 2007 e 2008. Nel giudizio di appello, che era stato promosso dal titolare dell'Osteria, la commissione regionale con la sentenza del 18 gennaio appena depositata ha confermato quanto già deciso dalla commissione tributaria provinciale di Treviso che aveva dato parzialmente ragione all'Agenzia delle Entrate ed ha fissato per ogni anno d'imposta ricavi lordi soggetti ad Iva per 32 mila euro e un reddito netto di 10.000 euro.

In appello la difesa del contribuente ha contestato vari punti, che sono stati tutti rigettati dai giudici tributari d'appello: la decadenza del potere accertativo (che invece scadeva il 31/12/2013), la mancata dimostrazione dell'esistenza di una società svolgente attività commerciale (che invece poggiava su verbali della Polizia municipale e su ordinanze di sospensione dall'esercizio di una attività mai autorizzata); l'eccesso di potere e l'assenza di potere di firma (confutato dall'Agenzia tramite la presentazione da parte dell'Ufficio della delega alla firma). La commissione tributaria, dopo aver verificato le modalità di funzionamento dell'Osteria e il ruolo della moglie del titolare, ha riconosciuto che ''l'originalità dell'attività del contribuente non deve essere messa in discussione'' ma anche che ''la motivazione degli avvisi di accertamento è stata accertata, compresa e sviluppata nella sentenza di primo grado che quindi deve essere esplicitamente confermata''. Ha quindi respinto l'appello, confermando la sentenza precedente e anche il pagamento di 4.218 euro di spese di giudizio.


   

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