Valle d'Aosta

Coronavirus:maestra guarita,il mio 'filo' con papà scomparso

"Umanità da medici". Contagio in casa e anziano poi ricoverato

Vinzio Francesco Charrey, vittima del Coronavirus in Valle d'Aosta

Redazione Ansa

"Sono riuscita a far passare un messaggio a mio papà, gli ho scritto un testo e in ospedale gli è stato letto. Sono piccole cose, ma per le persone che sono divise è un po' un filo che rimane. Ci si rende conto che si ha che fare con dell'umanità, che c'è attorno a lui tutta una rete". Sidonie Charrey, quarantenne di La Salle insegnante della scuola dell'infanzia, è risultata guarita dal Covid-19 domenica scorsa, insieme alla madre di 71 anni. Il padre, Vinzio Francesco Charrey, non ce l'ha fatta: a marzo è morto a 74 anni dopo il ricovero in ospedale. "Del reparto malattie infettive del Parini ricordo la comprensione. Sono stati bravissimi - spiega -, comprensivi, molto disponibili, dal primario, Alberto Catania, alla dottoressa Chiara Cardellino".

Il contagio per Sidonie Charrey è avvenuto tra le mura domestiche. "Sono rimasta in casa con i miei genitori perché entrambi malati contemporaneamente di Covid-19. Quindi dopo essere stata a stretto contatto con loro, perché mio padre aveva già bisogno di assistenza per altre patologie, la settimana dopo ho dovuto fare il tampone perché iniziavo a non star bene". I sintomi sono stati "poca tosse, non molta febbre, mal di stomaco, vertigini, mal di testa, mal di gola, impossibilità di mangiare". Il risultato del tampone è arrivato a metà marzo. "Mi aspettavo la positività al 100%. Quando avevo saputo del risultato di mio papà, il 112 mi aveva dato delle indicazioni, tra cui c'era la presa di distanza. Che però era impossibile. Lui è stato due settimane con 38 gradi e mezzo di febbre, dovevo assisterlo. Il contatto c'era stato".

Per me, ricorda Sidonie Charrey, "sono state settimane impegnative. In quei giorni si perde la cognizione del tempo, anche perché mi era stato chiesto di misurare la febbre a entrambi i miei genitori e a me stessa due volte al giorno, di prendere la tachipirina. Ero concentrata sulla parte più 'medica', non tanto sul livello emotivo. Invece il crollo c'è stato quando abbiamo dovuto separarci da mio papà, con l'impossibilità di seguirlo, di accompagnarlo in ospedale. Quello è stato il momento più difficile". E poi "rimane il fatto di non aver visto mio padre dopo la morte. A livello emotivo è difficile da accettare: essendo noi familiari stati positivi non abbiamo ancora potuto fare il funerale. C'è una elaborazione che è nuova, che non è della nostra cultura". Gli amici "in queste settimane, spontaneamente, sono stati una grande risorsa. Ognuno a modo suo ha mostrato la propria vicinanza".

   

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