Umbria

Ceo di Amu Tv, 'non c'è una stampa libera in Afghanistan'

Najafizada intervistato al Festival del giornalismo di Perugia

Redazione Ansa

(ANSA) - PERUGIA, 18 APR - "Non c'è una stampa libera all'interno dell'Afghanistan e da quando sono tornati i talebani su 10mila giornalisti che erano presenti nel Paese, ne sono rimasti 2mila e stanno facendo un lavoro fondamentale": è quanto ha detto stamani al Festival del giornalismo di Perugia, Lotfullah Najafizada, ceo e fondatore di Amu Tv, intervistato da Phil Chetwynd, direttore dell'agenzia France Presse.
    Amu Tv è un canale televisivo e multimediale internazionale e indipendente con sede a Washington, negli Stati Uniti, che racconta a distanza quanto accade in Afghanistan. Najafizada - ex direttore di Tolo News - e i suoi colleghi stanno cercando di rivitalizzare la stampa libera in Afghanistan, collegando i giornalisti afghani all'estero con coloro che sono all'interno del Paese e fornendo un reportage gratuito e imparziale per il popolo afghano in risposta alla crescente censura dei media sotto i talebani. Una voce importante che, grazie soprattutto ai collegamenti satellitari, riesce a informare milioni di afghani e contribuisce a sostenere anche i giornalisti rimasti all'interno del loro Paese. "Ci sono migliaia di loro - ha raccontato Najafizada - che vorrebbero lavorare. Per un annuncio di lavoro che abbiamo pubblicato, abbiamo ricevuto 500 messaggi.
    Quindi 500 persone vorrebbero lavorare per una piccola redazione all'interno del Paese e questo dice molto sulla resilienza dei giornalisti afghani". "Ma i talebani stanno seguendo questi giornalisti e le loro famiglie - ha ricordato il ceo di Amu Tv - sono almeno 200 i casi di arresti e intimidazioni registrati dall'Onu nei primi 18 mesi della regola talebana". "E c'è stata una crescente censura e autocensura, in particolare da parte dei media che sono presenti nel Paese", ha aggiunto. Nel corso dell'intervista ha spiegato come riescono ad avere notizie direttamente dai territori afghani: "Abbiamo iniziato con decine di giornalisti dichiarati - ha raccontato Najafizada - ma c'è stata una grande rottura con i talebani, quindi abbiamo cambiato il nostro modo di operare. Ora - ha detto ancora - lavoriamo con molti giornalisti anonimi che sono distribuiti in tutto il Paese". "Questo è stato molto efficace - ha sottolineato Najafizada - perché il modello dei talebani è quello di contattare l'editore e assicurarsi che la storia non venga diffusa. E ogni venerdì consultano giornalisti ed editori presso la loro unità di intelligence". "Naturalmente abbiamo determinate misure di sicurezza, come la gestione digitale e la sicurezza informatica, per garantire la sicurezza dei nostri giornalisti. Abbiamo anche sviluppato un portale attraverso il quale collaboriamo con loro in modo sicuro", ha spiegato il giornalista di Amu Tv. (ANSA).
   

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