(ANSA) - ROMA, 19 OTT - "I tedeschi ancora mi danno del
simulatore, ma altro che: in campo pioveva di tutto, e io
crollai a terra". Dal 20 ottobre 1971 al 21 ottobre 2020 sono
passati 39 anni e un giorno da quella sera non troppo rigida, ma
piovosa, vissuta nell'angusto 'fortino' del Boekelbergstadion, a
Moenchengladbach. Da qualche giorno John Lennon ha consegnato al
mondo l'inno alla pace dal titolo 'Imagine', ma in Germania si
prepara una vera e propria battaglia sportiva, che avrà
strascichi nelle aule dei Tribunali sportivi e rimarra'
nell'immaginario del calcio europeo. Quel 20 ottobre 1971
giocano il Borussia Moenchengladbach dei miracoli, guidato in
panchina da Hans Weisweiler e in campo da gente come Netzer o
Vogts, contro l'Inter di Invernizzi: sembra una partita normale,
passerà alla storia come la partita della lattina.
Quell'oggetto, lanciato in campo poco prima della mezz'ora di
gioco, con il risultato sul 2-1 per i tedeschi, infatti,
colpisce alla testa Roberto Boninsegna - autore del gol dei
nerazzurri - che stramazza al suolo tramortito, privo di sensi e
con un bernoccolo. Sandro Mazzola si china, raccoglie qualcosa,
la consegna all'arbitro, l'impacciato olandese Porpman. E' una
lattina di Coca Cola, probabilmente la stessa che ha colpito
'Bonimba', anche se in molti sostengono - e continuano a farlo -
che 'baffo' ne avesse raccolta una a caso fra quelle lanciate in
campo. L'andata del secondo turno (ottavi di finale) della Coppa
dei Campioni, antesignana dell'attuale Champions, è ormai
macchiata da un episodio che, in seguito, si rivelerà
determinante per il passaggio del turno. Per i tedeschi "si
tratta di una messinscena", non per gli interisti, usciti
sconfitti dal campo 7-1, ma scioccati da quell'episodio. "E'
stato tutto vero, nonostante qualcuno. come il centravanti Jupp
Heynckes, abbia messo in dubbio la mia moralità - racconta
Boninsegna, al telefono con l'ANSA -: io non ho mai fatto scena,
questa è la verità. Forse Heynckes non ha ancora digerito i 4
gol presi a San Siro nel ritorno. E poi, il referto lo stilò un
commissario francese dell'Uefa, mica io. Mi era arrivato di
tutto addosso: lattine, bottiglie, sputi. Sicuramente una
lattina mi è arrivata in testa. Mi portarono negli spogliatoi e,
fra il primo e il secondo tempo, ricevetti la visita del
commissario francese dell'Uefa, che consultò anche il dottor
Angelo Quarenghi, nostro medico sociale. Noi pensavamo di
vincere a tavolino, a dire il vero, perché l'arbitro ci disse
che, dopo quel fattaccio, considerava la partita ormai finita".
L'arringa dell'avvocato Peppino Prisco, dirigente interista e
inviato nella sede dell'Uefa a Ginevra, fece il resto,
indirizzando la decisione della Disciplinare. I tedeschi si
appellarono al fatto che a lanciare la lattina era stato un
italiano al seguito dell'Inter. Ma non valse a nulla. L'Uefa
decretò la ripetizione del match: non si sarebbe, però, giocato
a Moenchengladbach, ma a Berlino. "Vincemmo la sfida di ritorno
per 4-2, a San Siro, segnai anch'io: nella ripetizione, in
Germania, li bloccammo sullo 0-0, grazie anche alle parate di
Ivano Bordon, sostituto di Lido Vieri, che era il titolare",
ricorda Boninsegna. L'Inter riuscì ad arrivare fino alla finale,
contro l'Ajax del calcio totale e del 'Profeta del gol', Johan
Cruijff. "Giocammo a Rotterdam, praticamente in casa loro e
perdemmo per un paio di errori difensivi (2-0, ndr) - racconta
Boninsegna -. Eravamo riusciti a chiudere il primo tempo sullo
0-0, nella ripresa arrivò la doppietta di Cruijff: nella prima
rete ci fu un equivoco fra Oriali e Bordon e quell'episodio mise
la partita in discesa per gli olandesi, che peraltro erano
campioni in carica. Però, se avessimo giocato altrove,
chissà...". (ANSA).