PhotoGallery

Emanuela Orlandi, luoghi e protagonisti del giallo - Le foto d'archivio

Luoghi e volti di un mistero che dura da 40 anni

Redazione Ansa

Nel 1983 spariva nel nulla Emanuela Orlandi, la figlia di un dipendente del Vaticano. Quasi 40 anni di indagini, di fantomatiche piste, di illazioni, depistaggi e false verità. 

Emanuela Orlandi sparisce il 22 giugno dell'83 da Corso Rinascimento. Non lontana dal Vaticano, dove abitava, e vicinissima alla Basilica di Sant'Apollinare dove seguiva corsi di flauto, canto, pianoforte. In quella basilica decenni dopo, nel 2005, un anonimo con una telefonata a Chi l'ha visto disse che era custodita la chiave del mistero: si scopri' cosi' che in quel luogo sacro e centrale riposavano in incognito le spoglie del boss della Magliana Enrico De Pedis, detto Renatino, assassinato nel 1990.

La chiave per l'anonimo era "il favore che fece il cardinal Poletti - allora vicario di Roma, ndr - a De Pedis", ma dopo indagini e ulteriori verifiche su alcune ossa contenute in 200 casette nella cripta della basilica, non si arrivo' a nessuna conclusione certa tranne che De Pedis fu presentato dall'allora rettore della Basilica come "gran benefattore" che con le sue donazioni finanzio' missioni e il restauro della basilica. La Banda della Magliana torna in questa storia anche con le parole di Sabrina Minardi, amante per anni di De Pedis, che descrive luoghi piu' periferici.

"Emanuela fu uccisa e gettata in una betoniera a Torvajanica. Andammo in un cantiere, io restai in auto", disse ascoltata dagli investigatori nel 2008. Prima del tragico epilogo Minardi racconta, come un fiume in piena, "di avere preso in consegna Orlandi, sei sette mesi prima della sua morte, presso un bar del Gianicolo". Poi descrive la presunta prigione di Emanuela in un'abitazione, vicino a piazza San Giovanni di Dio, che aveva "un sotterraneo immenso che arrivava quasi fino all'ospedale San Camillo".

Nelle ultime tappe di questa infinita ricerca entrano due luoghi che custodiscono ossa. Una dependance della nunziatura apostolica di via Po, ospitata nella storica villa Giorgina, dimora di un industriale ebreo che la dono' al Vaticano riconoscente per essersi salvato dalle persecuzioni razziali. Le ossa ritrovate sotto il pavimento fecero sperare in una incredibile quanto inaspettata svolta che pero' anche quella volta non arrivo': erano di un uomo vissuto tra il 90 e il 230 dopo Cristo. Dunque non erano ne' di Emanuela ne' di Mirella Gregori, la figlia di barista scomparsa sempre nell'83.

Niente da fare anche per le ossa custodite in due tombe del cimitero teutonico di Roma, all'interno delle mura vaticane, riaperte dopo una lettera anonima. Quelle ossa risalgono ad un'epoca non successiva al 1800.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it