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Il 'grido dal cuore' dei rifugiati di Lesbo al Papa

Redazione Ansa

(dell'inviato Fausto Gasparroni) (ANSA) - LESBO (GRECIA), 05 DIC - "Santo Padre, abbiamo lasciato i nostri Paesi di origine abbandonando i nostri genitori, mogli e figli per sfuggire ai vari problemi legati alla nostra sicurezza come: torture, matrimoni forzati, pene detentive dovute a divergenze di opinioni politiche, religiose, sessuali, rischio di morte e molti altri". Si intitola "Grido dal cuore" la lettera in francese recapitata al Papa in occasione della sua visita di oggi al campo profughi di Lesbo e scritta a nome di tutti i cristiani africani nel campo. A fargliela arrivare, nel libro con i tanti messaggi consegnato oggi al Pontefice, la parrocchia cattolica di Lesbo, che ha anche organizzato il coro dei rifugiati per l'accoglienza a Francesco. "Il nostro viaggio in Grecia - spiegano i profughi africani - è stato un calvario doloroso poiché siamo stati vittime di estorsioni finanziarie, aggressioni e abusi sessuali per pagare la traversata in mare, o sfortunatamente molti di noi hanno perso la vita là... Per fortuna siamo arrivati ;;qui e siamo stati accolti, accuditi, vestiti, nutriti e alloggiati". "Ringraziamo il governo greco per questo atto di umanità - proseguono -. Purtroppo, per ragioni a noi sconosciute, la maggior parte delle nostre domande di asilo è stata respinta una o anche due volte per alcuni e addirittura quattro volte per altri". "I nostri sogni sono infranti - lamentano -, non abbiamo possibilità di integrazione, istruzione, e il futuro dei nostri figli sacrificato. Siamo trattenuti non volontariamente su quest'isola per diversi anni senza alcuna prospettiva di vita". "D'accordo - continua il 'Grido dal cuore' -, forse non abbiamo i requisiti per la protezione internazionale, ma perché non veniamo liberati?" "Santo Padre, nonostante tutta questa sofferenza, questa tortura morale e psicologica, ci rivolgiamo al Signore e rimaniamo speranzosi. Sì, Lei è la nostra speranza. La preghiamo di supplicare per noi affinché il governo di questo Paese e tutti i suoi alleati europei trovino una soluzione per noi". "Abbiamo bisogno di documenti per poterci integrare qui in Grecia o altrove in Europa - aggiungono i rifugiati africani cristiani -.
    Vogliamo solo essere liberi e lavorare per prenderci cura di noi stessi e delle nostre rispettive famiglie. Il Signore continui ad ispirarLa, Le dia la forza per continuare la missione che Le ha affidato". A nome di tutti i circa 2.200 attuali ospiti del campo, nell'incontro col Papa ha portato la sua testimonianza Christian Tango Mukalya, rifugiato proveniente dalla Repubblica Democratica del Congo. "Sono arrivato in Grecia a Lesbo dal 28 novembre 2020 - ha raccontato -. Ho 30 anni, sono padre di una famiglia con tre bambini piccoli. Due bambini sono con me, l'altro è con la mamma, non hanno avuto la possibilità di raggiungermi in Grecia e di loro non ho più notizie fino ad ora". "Santità, come rifugiato, Lei lo sa meglio di me, io sono un pellegrino, richiedente asilo alla ricerca di un rifugio sicuro, di pace, della sussistenza della mia famiglia e dell'educazione dei miei due figli, in seguito alla persecuzione e alla minaccia di morte nel mio Paese d'origine", ha sottolineato il profugo congolese. "Santità - ha proseguito -, abbiamo avuto delle difficoltà per arrivare qui: sono enormi.
    Non posso descrivere tutto in queste poche parole. Ma grazie a Dio le abbiamo superate". "Preghiamo che queste difficoltà mie e di tutti i miei fratelli rifugiati siano superate - ha concluso -, per avere, come ho detto prima, un luogo sicuro in Europa per il futuro delle nostre famiglie e soprattutto per i nostri figli che hanno bisogno di una buona istruzione". (ANSA).
   

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