PhotoGallery

La Pasqua senza tavolate di poveri e clochard

L'emergenza coronavirus riduce tempi e spazi e così anche le occasioni di stare insieme per la festa diventano poche e limitate

Redazione Ansa

Per loro non è quasi mai una vera festa. Quest'anno l'emergenza coronavirus riduce tempi e spazi e così anche le occasioni di stare insieme a Pasqua diventano poche e limitate. Succede a senzatetto, poveri, migranti, prostitute che probabilmente saranno ancora più soli tra domani e il giorno di Pasquetta, a volte per strada. Tranne per le iniziative di alcune associazioni che terranno aperte le porte di mense e dormitori, anche se in 'versione sicurezza'. O altre che si sono organizzate con la 'solidarietà a domicilio' andando da chi almeno un tetto ce l'ha.

A volte a dare una mano ai più bisognosi sono proprio rifugiati e richiedenti asilo, come succede nei quartieri Spagnoli a Napoli. A Roma per la prima volta la comunità di Sant'Egidio apre a pranzo nei giorni di Pasqua e Pasquetta. In via eccezionale, da mezzogiorno la mensa di via Dandolo, a Trastevere, accoglierà centinaia di persone ma seguendo le precauzioni imposte dal rischio Covid (come fa durante la settimana, a cena e ora con orari più lunghi). Quindi si entra pochi alla volta, all'interno disinfettanti per le mani e ci si può sedere ma con posti distanziati. Tra i volontari, anche stranieri dei corridoi umanitari e immigrati del movimento Genti di pace. Aperte "con cautela" anche le mense della Caritas ma l'aria di festa è lontana. Idem a Milano: nel refettorio ambrosiano l'appuntamento è come sempre a cena ma da giorni viene servita in tre turni, per diluire i contatti. In genere sono una novantina i posti a disposizione, ora decisamente meno e ai tavoli si sta seduti al massimo in 3.

Alle Cucine popolari di Bologna tutto è pronto per la Pasquetta: nelle tre strutture, nate dalla rete di solidarietà creata da Roberto Morgantini e che ogni giorno offre piatti caldi a pranzo, sono arrivate uova di cioccolato, colombe, ravioli e tortellini donati da cittadini e associazioni, in aggiunta al pranzo. "Quello che è cambiato con l'emergenza è che diamo piatti da asporto, dal primo alla frutta, non si mangia più qui. Ma siamo passati dalle 250-300 persone al giorno a circa 400 - racconta Morgantini - Prima erano famiglie che hanno una casa ma sono in difficoltà. Ora c'è di tutto", spiega. All'opera per i migranti molte associazioni della rete di PartecipAzione, il programma di Intersos e Unhcr. Ad esempio a Napoli sono gli stessi rifugiati e richiedenti asilo che fanno parte della cooperativa sociale Less a portare le uova di cioccolato ai bambini dei quartieri Spagnoli e del rione Sanità. Tra Castel Volturno e Caserta i Kalifoo Ground, band musicale formata da due italiani e tre rifugiati, hanno consegnato una cinquantina di colombe a famiglie disagiate, soprattutto straniere. Stessi doni a Torino, grazie all'associazione Mosaico che si è dedicata ai bambini che vivono nell'edificio occupato di corso Cirie'.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it