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Sette anni fa la tragedia Thyssen

A Torino sette giovani operai vennero investiti da uno tsunami di fuoco in un'acciaieria

Redazione Ansa

Sette anni fa, sette operai diventarono sette torce umane. Sette anni fa, nella notte fra il 5 e il 6 dicembre, sette giovani uomini al lavoro in un'acciaieria vennero investiti da uno tsunami di fuoco. Morirono tutti, ma non subito: per qualcuno furono giorni, per altri settimane di straziante agonia. E' la tragedia della Thyssenkrupp, una tragedia che la città non ha mai dimenticato.

In questi giorni il capoluogo piemontese è solcato dalle "Settimane della Sicurezza", portate avanti dalla rivista Sicurezza e Lavoro insieme a Cit Turin Lde: una mostra, convegni, dibattiti, cerimonie, manifestazioni sportive e anche uno spettacolo, "Lo stridere luttuoso degli acciai", una cantata scenica allestita dal compositore Adriano Guarneri su testo poetico di Giorgio Luzzi, presentata in prima nazionale. Mentre la Camera del lavoro della Cgil vara il sito internet (con banca dati e forum) dedicato ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

Il caso Thyssenkrupp è diventato il simbolo di ciò che può accadere quando non si rispettano gli standard in materia di sicurezza. Ma racconta anche una parte del declino industriale della città: la storica fabbrica di corso Regina Margherita, ormai nelle mani di una multinazionale tedesca, in quel dicembre del 2007 stava per essere smantellata in via definitiva. E parla anche della complessità del sistema giustizia. I magistrati della procura di Torino volevano che la loro indagine (conclusa a tempi da record) aprisse una nuova frontiera: chiesero infatti la condanna dell'amministratore delegato Herald Espenhahn non per omicidio colposo, come avviene di solito, ma per omicidio volontario. La Corte d'Appello e la Cassazione non accettarono questa linea.

E la parola fine non è ancora stata scritta: bisognerà fare un nuovo processo per ricalcolare con precisione le condanne (per omicidio colposo) inflitte a Espenhahn e a cinque dirigenti. Quella notte, alla Thyssenkrupp, un operaio si salvò. Era Antonio Boccuzzi, poi diventato deputato del Pd. Qualcuno, nei giorni scorsi, gli ha rinfacciato di non essere morto: su una pagina Facebook chiamata "Noi voteremo il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo" è stato preso di mira e minacciato ("Doveva morire lui al posto dei suoi colleghi", "Tu saresti il primo che dovremmo abbattere") perché, da parlamentare, ha votato a favore del Jobs Act. Boccuzzi ha ricevuto la solidarietà dei colleghi di partito come Stefano Esposito: "Tutta la mia amicizia a Boccuzzi. Chi ti augura la morte ti allunga la vita".

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