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L'accusa del Congresso a Big Tech, "troppo potenti"

Faro su Zuckerberg, Bezos, Cook e Pichai, "Imperatori online"

Redazione Ansa

Sono i quattro uomini più potenti di quella Silcon Valley e di quella West Coast americana avanguardia mondiale della tecnologia. Ma quando sei davanti al Congresso non si fanno sconti, non importa se ti chiami Mark Zuckerberg, Jeff Bezos, Tim Cook o Sundar Pichai. Così i guru delle "big four" dell'hitech sono finiti sotto torchio, costretti a difendersi dalle accuse di pratiche anticompetitive dopo 13 mesi di indagini condotte sul modo di fare business di Facebook, Amazon, Apple e Google.

"Queste aziende sono diventate troppo potenti, ancora di più con la pandemia, bisogna fare qualcosa", l'atto di accusa che si leva dall'aula della commissione antitrust della Camera dove i quattro protagonisti vengono definiti "titani, imperatori dell'economia online".

A Capitol Hill qualcuno l'ha definito l'evento dell'anno, seppur virtuale. Un'audizione trasformatasi presto in un processo a 360 gradi, condizionato anche dalle minacce sparate da Donald Trump a qualche ora dall'inizio dello show: "Se il Congresso non riesce a portare correttezza e onestà nelle Big Tech, cosa che avrebbe dovuto fare anni fa, lo farò io con dei decreti", il monito lanciato su Twitter, il grande assente.

"Credo sia giusto che Amazon debba venga messa sotto esame. Dovremmo farlo con tutte le gradi istituzioni, siano queste aziende, agenzie governative e organizzazioni no profit", ha ammesso con toni concilianti Bezos. "Non è una coincidenza che Amazon sia nata negli Usa", dove più che altrove "le aziende possono iniziare, crescere e prosperare".

Anche Zuckerberg, sulla difensiva, ha provato a fare leva sul patriottismo: "Facebook è un'azienda americana, orgogliosa di esserlo. Crediamo nella democrazia, nella libertà d'espressione, nella concorrenza e dell'inclusione sui quali si fonda l'economia Usa", ha affermato.
   

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