Calcio

Coronavirus, la Premier League non ripartirà a maggio

I club vogliono il taglio degli stipendi del 30%, ma manca il sì dei giocatori

Redazione Ansa

Un accordo tra club, ma non con i giocatori, sul taglio degli stipendi, e rinvio (almeno) a giugno della ripresa del campionato: la Premier League presenterà ai calciatori una richiesta unitaria per la riduzione degli ingaggi pari al 30% e, nel frattempo, ha stanziato più di 20 milioni di sterline per aiutare i più esposti all'emergenza coronavirus.

La terza videoconferenza in meno di tre settimane tra i 20 club della prima divisione inglese ha confermato la strategia unica con la quale la Premier vuole affrontare l'emergenza sanitaria. A cominciare dalla questione più spinosa, il taglio degli emolumenti dei calciatori. In ballo ci sono milioni di sterline, così come le forti resistenze degli stessi giocatori che, tramite il loro sindacato di categoria, hanno finora rispedito al mittente ogni invito di auto-riduzione.

In Inghilterra è unanime la volontà di riprendere il campionato appena possibile e, soprattutto, di portarlo a termine, giocando se necessario ad agosto, anche se a porte chiuse. Ma la sospensione fino al 30 aprile, fissata due settimane fa, ieri è stata cancellata, nella convinzione generale che - stante l'alto tasso di crescita di contagi e morti nel Regno Unito - appare altamente improbabile poter programmare la ripresa del campionato nel mese di maggio. Questa volta, però, non è stata fissata una scadenza, preferendo lasciare aperta ogni eventualità.

Di fronte alle accuse di insensibilità, rivolte da più parti al mondo dorato del calcio, la Premier ha voluto lanciare un messaggio netto, sotto forma di solidarietà. I 20 club hanno stanziato un milione di sterline ciascuno, circa 22,6 milioni di euro in totale, che verranno donati "al servizio sanitario, alle comunità e alle famiglie più in difficoltà". E allo stesso tempo ha istituito un fondo di mutua-assistenza, destinato alle serie inferiori, del valore di 135 milioni di euro.

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