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Classe e discrezione, 80 anni di 'Picchio' De Sisti

Una vita tra Roma e Firenze, da scudetto viola al 4-3 dell'Azteca

Redazione Ansa

Giancarlo 'Picchio' De Sisti, 19 stagioni e 478 partite in Serie A, compie martedì 80 anni.
    Vissuti con classe e discrezione, in campo e fuori. "Sono nato ragazzo di borgata, sono diventato commendatore della Repubblica, sempre nel rispetto degli altri", dice omettendo per modestia di esser stato anche campione d'Europa, vicecampione del mondo, campione d'Italia. E simbolo di un calcio dedito alla bellezza. Ragazzo prodigio della Roma, poi uomo-scudetto della Fiorentina, regista della Nazionale campione d'Europa 1968 e vicecampione del mondo 1970. "Roma mi ha cresciuto, Firenze mi ha valorizzato. I ricordi più belli? Con la Fiorentina non può essere che la meravigliosa avventura della stagione '68-'69, in Nazionale lo storico 4-3 nella sfida con la Germania".
 


       "A Firenze ero arrivato dalla Roma, nel '65, malvolentieri. Lasciavo la mia città, la ragazza, la famiglia - lui romano, nato al Quadraro - Ma fin da subito la società mi fece sentire importante. Lì ho vissuto gli anni migliori della mia carriera".
    "Era la Fiorentina yé-yé, ci divertivamo. Si poteva aprire un ciclo? Forse, ma ci ritrovammo come chi, dopo un lungo digiuno, fa una scorpacciata. Subentrò un certo appagamento. E poi era svanito l'effetto sorpresa". "La mia filosofia? Non strafare - così De Sisti sintetizza le sue qualità - rimanere consapevole dei miei limiti. La tecnica c'era, ma era la visione tattica il mio forte". Se ne accorgono presto i suoi allenatori, prima Pesaola e poi Liedholm: "Ero un po' i loro occhi ed orecchie in campo".
    Tutto bene, fino all'arrivo di Gigi Radice, nel 1973: "Si convinse che mi fossi montato la testa, che volessi comandare.
    Mi emarginava. Un giorno lo affrontai e gli dissi 'lei non ha capito nulla di me, sono capitano perché così vuole lo spogliatoio'. Non era possibile andare avanti e chiesi al presidente Ugolini di essere ceduto". C'è l'interesse di Milan e Inter, "soprattutto dei nerazzurri, che si fecero avanti con Sandro Mazzola". Ma il richiamo di casa è più forte e De Sisti conclude la carriera alla Roma, dove rimane fino al 1979.
    Nel 1980 supera l'esame da tecnico e nell'81 arriva la chiamata della Fiorentina: "Potevo dire di no? Presi la squadra a metà anno e dalla zona retrocessione la portai fino al quinto posto". La stagione dopo "anche la cabala sembrava con noi.



Tredici anni erano passati tra il primo ed il secondo scudetto viola, quindi era il momento giusto per il terzo". Fiorentina e Juventus arrivano all'ultima giornata pari ed il sogno svanisce: la Viola fa 0-0 a Cagliari, la Juve vince con un rigore a Catanzaro. "Non giocammo bene, ma annullarono un gol regolarissimo a Graziani. Un furto. Da allora a Firenze si dice 'meglio secondi che ladri' ".
    La seconda carriera di De Sisti sembra lanciata, ma nell'ottobre del 1984 "mi scoprirono un ascesso subdentale e fui operato d'urgenza al cervello, ad Ancona, perché eravamo in ritiro a Chieti per giocare a Pescara in Coppa Italia. I medici dicevano che dovevo fermarmi sei mesi. Il presidente Pontello voleva affiancarmi Valcareggi, per me come un padre putativo. Ma non potevo accetto balie e me ne andai".
    All'Udinese, dove nel gennaio '86 subentra a Vinicio e resta due stagioni: "a Udine sono stato magnificamente" sottolinea De Sisti. Seguono l'Under 18 e la Nazionale militare, con la quale vince il titolo mondiale nel 1991. Lo chiama l'Ascoli di Costantino Rozzi. E quella esperienza, ne è convinto ancora oggi, è la sua fine da allenatore. "Avevo accettato con tanto entusiasmo. Ma dissi 'no' a Moggi che allora era dirigente del Torino: mi proponeva due centrocampisti, ma a me servivano un attaccante e un difensore - spiega 'Picchio" - Rozzi non approvò quel rifiuto e mi fu fatta terra bruciata intorno. Tirarono una bomba carta contro la casa dove vivevo, andavo agli allenamenti scortato della Digos. Fui esonerato a metà stagione. Dopo Ascoli nessuno mi cercò più in A".
    Acqua passata. Come regalo per gli 80 anni vorrebbe "guarire dal mal di schiena ed essere felice in famiglia. Nato ragazzo di borgata, sono diventato commendatore della Repubblica per meriti, sempre nel rispetto del prossimo. Se guardo indietro, non posso lamentarmi". 


   

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