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Nancy Brilli: "Che storia, portò in finale anche me"

Il film Italia-Germania 4-3: attrice in nomination per il David

Nancy Brilli

Redazione Ansa

"Il film 'Italia-Germania 4 a 3' costò due lire, lo girammo con molta passione e con colleghi bravissimi. Era una bella storia". Nancy Brilli ricorda così, all'ANSA, il suo personalissimo Italia-Germania 4 a 3, il film del 1990 nel quale interpretava Giulia Treves, la proprietaria della villa dove gli ex compagni di scuola si danno appuntamento per una rimpatriata e per una rivisitazione a freddo della leggendaria semifinale di Messico '70.
    Si temeva che la pellicola di Andrea Barzini potesse essere spazzata via al botteghino dai grandi colossi della celluloide.
    Ma le cose andarono diversamente e Nancy Brilli arrivò addirittura a un passo dal David di Donatello. Come l'Italia del 1970 sfiorò il trionfo. "Giravamo le scene negli studi Rai di Milano e tornavamo in motorino con le 'pizze' del girato: eravamo noi a portarle ai tecnici. E' stato un bellissimo momento per me" aggiunge l'attrice.
    Nancy Brilli all'epoca era sposata con Massimo Ghini, che con lei recitava nel film assieme a Fabrizio Bentivoglio, Giuseppe Cederna ed Emanuela Pacotto. "Il David di Donatello sfiorato? Beh, non saprei, io non ci ho sofferto, mentre al contrario della partita c'è gente che ancora parla. Evidentemente".
    L'attrice romana confessa di non seguire il calcio ("non ne sono appassionata"), ma "per i Mondiali mi lascio prendere, come tanti".
    Per il regista Andrea Barzini, "l'Italia che sconfisse la Germania in Messico", con il suo film, "ha in comune il personaggio immaginario di Cenerentola che, alla fine, prevale comunque". "Gli azzurri - dice - riuscirono a piegare la Germania e la pellicola che girai sul quel 4-3 superò la concorrenza di altre girate con più mezzi e risorse".
    La comparazione non è del tutto utopistica. Anzi, rappresenta la trasposizione in celluloide dello spirito battagliero dei 'messicani' di Valcareggi. "Chiarisco che non sono esperto di calcio - dice Barzini -: di quell'evento a me interessava rilevare l'aspetto antropologico. Sono consapevole che per gli italiani, quella del 17 giugno 1970 contro la Germania, è la 'Partita', non una partita come le altre. Il periodo era molto polarizzato, ma ci fu questo momento di euforia, di vera e propria identità nazionale: ben venga sotto queste forme. Per i ragazzi della mia generazione quella notte resta nella memoria.
    C'erano stati i tumulti del 1968, l'autunno rosso, lo sbarco sulla luna, la strage di piazza Fontana del '69, i grandi raduni rock, la voglia di stare insieme di questi ragazzi tribali e non depilati, che avevano tante cose da dirsi. Avevamo due paia di jeans, due paia di scarpe, era una società più semplice, ma di grande sostanza. Quella notte fu calcio, musica, allegria e...
    canne. Avevamo 17 anni e tanta voglia di fare".
    Il film di Barzini è ispirato da uno spettacolo teatrale che focalizzava gli ideali rivoluzionari di quel tempo. "Girammo il film con pochi mezzi - ricorda -. Erano storiacce che si intrecciavano e la domanda ricorrente nel film era: 'cosa resta dei nostri sogni? Dei nostri ideali?'. Il film fu girato in tre settimane, dovevamo fare delle riprese di uno spettacolo teatrale, invece venne fuori una pellicola. Il film e l'Italia dei 'messicani' sconfissero i grandi colossi del cinema e del calcio: eravamo come Cenerentola. Quella partita, in piccolo, racconta tanti luoghi comuni fra noi e i tedeschi, che hanno tecnologia, potenza, disciplina, esattezza. Il nostro complesso d'inferiorità è atavico e risale ai tempi della guerra. Anzi, addirittura alla controriforma cattolica. Noi, però, nelle emergenze riusciamo a dare il meglio e, se messi in corner, facciamo miracoli". 
   

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