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Conte, dal Salento all'azzurro passando per 3 stelle

I successi Juve e tanta grinta per il primo ct che viene dal Sud

Redazione Ansa

E ora la Nazionale. "Ho dimostrato di essere un vincente" disse Antonio Conte un mese fa, nell'improvviso addio alla Juve.

Si apriva la porta dell'azzurro per il tecnico che in bianconero si è distinto per una cavalcata straordinaria di vittorie: tre scudetti consecutivi, due Supercoppe italiane, ma soprattutto "un percorso di crescita esponenziale" come al tecnico ha riconosciuto lo stesso Andrea Agnelli. Conte, leccese, 45 anni compiuti lo scorso 31 luglio, è il primo ct azzurro che arriva dal sud. Da giocatore ha vestito agli esordi la maglia del Lecce e poi sempre quella della Juve, dal '91 al 2004, anno del ritiro dal campo. Poi la carriera da allenatore dal Siena al Bari, per l' Atalanta, con il flop nell'Arezzo a macchiare l'avvio in panchina, fino al grande salto alla Juve. nella carriera l'ombra del calcioscommesse, scandalo dal quale Conte è stato lambito e che gli è costato l'accusa per omessa denuncia ai tempi del Siena e quattro mesi di squalifica. Ma lui si è sempre professato innocente.

Sulla panchina della Juve Conte ha dimostrato di essere un vincente di successo: grintoso, grande motivatore, esperto tattico (teorico e pratico del 3-5-2), capace di coinvolgere ogni singolo elemento della squadra, pur con una disciplina di ferro. Può piacere o no lo stile di Conte, ma la verità è che prese una squadra spenta, che l'anno prima aveva ottenuto un modesto settimo posto e l'ha portata nel giro di un solo anno a vincere lo scudetto. L'anno dopo si e' confermato e in quello successivo ha portato la Juventus addirittura a quota 102 punti, record storico per il campionato italiano. Tre anni di dominio assoluto, e un impeto agonistico che non faceva sconti a nessuno, nemmeno quando i suoi magari vincevano 3-0 a pochi minuti dalla fine.

Vincere vincere vincere è il suo credo, pure nelle amichevoli senza importanza. Mai un minuto di rilassamento. I suoi l'hanno seguito, il campo gli ha dato ragione. Non a caso si è guadagnato l'adorazione del popolo bianconero, e l'avversione di moltissimi altri tifosi. Al tecnico salentino resta la delusione europea, il non essere riuscito a portare i suoi a competere ad armi pari con le grandi del continente e mettere le mani su quella Champions sempre agognata in casa bianconera. Ma lì non bastavano evidentemente solo la sua grinta e la sua esperienza, con tutto il suo bagaglio di espedienti tecnici e tattici, a colmare lacune dovute soprattutto all'enorme gap di disponibilità economiche che divideva, e divide, le grandi d'Europa da tutte le altre, Juve compresa. Fare di meglio era praticamente impossibile e forse proprio per questo Conte - piu' che la Juventus - un mese fa ha preso la decisione clamorosa che nessuno si aspettava: meglio lasciare da vincente che affrontare una nuova stagione con l'obbligo di vincere, anche in Champions, ma senza alcuna certezza di avere tutti gli strumenti per farlo o almeno poterci provare davvero.

"Il divario tra noi e le grandi d'Europa esiste - disse Conte profeticamente nel giorno del raduno di un anno fa -. Per noi e' impossibile permetterci gli investimenti di societa' come Bayern, PSG, Barcellona, Real Madrid. Puntiamo su giocatori di qualita', ma le altre si sono rinforzate con giocatori come Goetze, Sanchez, Neymar. Non possiamo non tenerne conto".
   
Difficile dargli torto. Ora basta club, Conte ricomincia dagli azzurri, dovrà misurarsi con le grandi del mondo e far dimenticare i dispiaceri della trasferta brasiliana. Conte volta pagina, la sua Juve restera' nella storia del calcio italiano. Per il numero di vittorie conquistate, per l'energia del tecnico in panchina, per i risultati raggiunti (in Italia). Un buon auspicio per il nuovo ct della Nazionale. 

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