Protagonisti

Gabriele Micalizzi

Dal diploma a CesuraLab e l'incontro con Rocchelli, 'un amico'

Una foto di Gabriel Micalizzi postata sul suo profilo FB

Redazione Ansa

Trentacinque anni, quasi dieci dei quali passati nelle zone di conflitto: Gabriele Micalizzi è uno dei fotoreporter italiani più conosciuti sui teatri di guerra, da Gaza alla Libia, dall'Egitto alla Siria. Le sue foto sono state pubblicate da New York Times, New Yorker, Newsweek, Wall Street Journal, Stern, Sportweek e, in Italia, da Espresso, Repubblica, Internazionale e Corriere della Sera.

    Nato nel 1984, milanese cresciuto a Cascina Gobba, si diploma Maestro d'arte all'Isa di Monza: "Il professore mi ha portato in camera oscura e ne sono rimasto folgorato. Una vera magia. Avevo circa 17 anni", ha raccontato in una recente intervista per Esquire, ricordando che "nel frattempo tatuavo, in casa o a domicilio. Facevo anche i graffiti sui treni. Disegno bene, ma la fotografia è più diretta. E soprattutto democratica".

    Dopo un periodo passato tra Australia e Nuova Zelanda, "vivevo in furgone, dormivo sulla spiaggia", l'incontro con Cesura, il laboratorio creativo di Pianello Valtidone (Piacenza) fondato da Alex Majoli, fotoreporter pluripremiato a livello internazionale.

    Nel 2011 Gabriele viene risucchiato dalla Primavera araba, che esplode prima in Tunisia ed Egitto e poi come un fiume in piena in tutto il mondo arabo. "L'eresia di Gabriele Micalizzi è starci mesi quando non ci sta quasi nessuno. E mangiare e dormire e andare al fronte, e nella paura abbracciarsi coi miliziani che tentano di riprendere la città", ha scritto l'inviato del Corriere della Sera, Francesco Battistini, che ha lavorato spesso con lui, presentando la mostra fotografica di Micalizzi, 'Dogma', dal nome dato all'Isis alle autobomba in Libia.
  
  Nel 2014 resta segnato dalla morte dell'amico Andrea Rocchelli, fotoreporter anch'egli di CesuraLab, rimasto ucciso da colpi di mortaio nel corso della battaglia di Donetsk, nel turbolento Donbass ucraino, a maggio. Eravamo "molto diversi ma con dei tratti comuni. Lui laureato, più lineare, ma eravamo affini. Siamo arrivati insieme a Cesura. Andy seguiva i Balcani e io il Medio Oriente. Tra noi c'era sana competizione e in Ucraina aveva fatto delle grandi foto. È stato struggente, la sua morte, il funerale, il parlare con la sua famiglia. Era un amico vero", ha raccontato Micalizzi. 

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