Protagonisti

Federico Aldrovandi

Da quel 25 settembre 2005 all'applauso del Sap agli agenti

Federico Aldrovandi

Redazione Ansa

Otto anni e mezzo dopo quella notte a Ferrara e a quasi due anni dalla sentenza della Cassazione, la storia di Federico Aldrovandi, della sua uccisione e dei depistaggi, del desiderio di giustizia e delle polemiche. Questa storia non e' ancora finita. E i cinque minuti di applausi, 'tributati' agli agenti condannati per l'omicidio dello studente ferrarese dal congresso del Sap, ne sono solo l'ultimo capitolo. Tutto e' iniziato il 25 settembre del 2005.

Federico Aldrovandi, 18 anni, muore dopo aver incontrato ed essersi scontrato con quattro agenti: Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. Eccesso colposo per omicidio colposo. Per questo furono condannati in primo grado nel luglio 2009. Gli agenti usarono in modo improprio i manganelli, lo ammanettarono in modo imprudente e non lo aiutarono mentre, con la faccia a terra, sussurrava, rantolando, "aiuto, aiutatemi, basta". Ma a questo si arrivera' dopo anni di indagini, campagne perche' la verita' emergesse e giustizia fosse fatta. Prima il blog nel quale la madre di Federico, Patrizia Moretti, racconto' la storia del figlio, tra i piu' visti d'Italia nei primi mesi del 2006 (all'alba dei social network, Twitter ancora non esisteva). Poi la richiesta di far luce da parte di molti cittadini di Ferrara e dell'allora sindaco.

Alla condanna si arrivo' tra perizie contrapposte: quelle che scagionavano la Polizia, vedendo nell'assunzione di droghe le cause della morte; e quelle della famiglia, che sottolineavano come l'asfissia fosse stata provocata dalla 'compressione toracica' cui fu sottoposto dai poliziotti. La Cassazione, nel giugno del 2012, chiuse giudiziariamente la vicenda confermando le condanne a 3 anni e 6 mesi (tre dei quali coperti da indulto). La verita' artistica era stata scritta poco piu' di un anno prima, quando il film di Filippo Vendemmiati (Rai), 'E' stato morto un ragazzo' vinse il David di Donatello come miglior documentario. Ma la fine della vicenda giudiziaria (o almeno del suo filone principale, perche' numerose sono state le inchieste collegate, come quella per i depistaggi o per le querele incrociate) non e' bastata a suturare le ferite che il caso Aldrovandi ha aperto: da un lato, l'indignazione per il ritorno in servizio (anche se con compiti non operativi), a condanna scontata, dei colpevoli; dall'altro la 'reazione' delle forze dell'ordine verso una sentenza considerata ingiusta. Lo scorso anno, il 27 marzo, era stata un'altra sigla sindacale, il Coisp, a scatenare le polemiche con un presidio di solidarieta' verso i colpevoli a Ferrara, sotto le finestre dell'ufficio dove lavora la madre.

Il mese prima, una trentina di esponenti sempre del Sap, aveva applaudito uno dei condannati, Enzo Pontani, all'uscita dal tribunale di sorveglianza di Bologna. Ieri, la standing ovation del congresso dello stesso sindacato a Rimini. Il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, prima di lasciare ore prima la sala, aveva annunciato regole nuove di ingaggio negli interventi di polizia: procedure chiare e semplici. Perche' non risuccedano episodi come quello di quella notte.

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