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Giffoni: commozione in platea per il documentario su Sic

Paolo Simoncelli parla ai giffoner del figlio motociclista Marco

Giffoni: commozione in platea per il documentario su Sic

Redazione Ansa

“A otto anni ha scritto su un libro: un giorno diventerò campione del mondo, firmato Marco Simoncelli. Aveva le idee chiare. Avere un obiettivo nella vita penso sia fondamentale per tutti i ragazzi, che vogliate fare i dottori, i calzolai, gli avvocati, i cuochi, qualsiasi cosa vogliate fare. Abbiate questo obiettivo, seguitelo e date tutto, non vi dico la vita perché è troppo, ma andate”. Paolo Simoncelli, papà del motociclista campione del mondo tragicamente scomparso a Sepang nel 2011, ospite del Giffoni Film Festival (Giffoni Valle Piana - SA) si è rivolto così ai ragazzi della IMPACT! durante l’incontro con la proiezione di alcune clip del documentario Sky Original “SIC” con la regista Alice Filippi al #Giffoni2022. Grande la commozione in platea tanto che un giffoner ha detto: “Io parlerò a mio figlio di Marco Simoncelli". Nella Sala Blu il confronto con i ragazzi della sezione dai 18 ai 30 anni è stato sulla figura di Marco Simoncelli detto SIC, pilota italiano di MotoGP, raccontando la parabola umana e professionale dal 2006 al 2008. Dalle difficoltà del ritiro della moto ufficiale, fino al titolo mondiale vinto dopo un anno di cadute e difficoltà, in barba ad ogni pronostico, sul circuito di Sepang. Dove nel 2011 perderà la vita in un incidente di gara. Da lì, Marco Simoncelli diventa leggenda: “È una cosa che ha voluto la gente – ha sottolineato Paolo Simoncelli - Pensavo di avere un figlio forte in moto, ma non che diventasse una leggenda. L’ha deciso la gente con il suo affetto verso di noi, con tutto quello che è stato fatto sui social. E così abbiamo allestito la galleria di Marco a Coriano, creato la fondazione col suo nome”. Un nome che è più forte che mai, nella narrazione del documentario realizzato da Alice Filippi, nel quale una delle voci narranti principali è quella di Valentino Rossi, l’idolo, l’amico, lo sfidante in pista del Sic, che veniva indicato come il suo erede. Una storia in viva voce, dunque, fatta di vivi ricordi, sulla quale la regista ha sottolineato, di fronte alle domande dei ragazzi: “Avevamo una grande responsabilità, che non era solo raccontare la storia, ma raccontarla in maniera giusta e corretta”

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