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Giffoni: Trapanese, la società uccide più della malattia

Assessore Napoli ha affrontato con ragazzi tema della disabilità

Redazione Ansa

“Ho avuto la fortuna a 16 anni – ha detto alla platea di ragazzi – di conoscere la disabilità. Il mio migliore amico si ammala di melanoma, lo accompagno fino all’ultimo momento della sua vita. E’ stata un'esperienza terribile ma anche la più bella della mia vita. Sono diventato grande quando ho capito che Diego era morto. Si fa spesso un errore a considerare disabili le persone malate. Sono due cose diverse”.

“Ogni persona disabile - ha spiegato - prima ancora, è una persona. Dobbiamo vedere la persona e in essa, noi stessi”. 

Immancabile il racconto, delicato e toccante sulla sua esperienza di genitore di Alba, una bimba con la sindrome di Down adottata nel 2018. 

“Sono stato – ha ricordato – il primo padre single gay ad aver adottato. Non mi sento un eroe. Se avessi potuto accedere al Tribunale per una adozione avrei comunque scelto un figlio disabile. Avere un figlio disabile non è una sventura ma una opportunità. La felicità dipende da te e dagli altri. Si ha famiglia dove c’è amore. Io e Alba siamo una famiglia tradizionale perché c’è amore. Essere disabili non significa essere infelici. Tutti possiamo essere felici, ma solo se la comunità è pronta ad accogliere questa persona con disabilità”.

Si parla di diversità: “Ho avuto la fortuna di sapere da sempre quello che ero e quello che volevo. Ho avuto un compagno per quindici anni e mia cognata lo preferiva addirittura a me. Dobbiamo saper accettare noi stessi. La normalità non esiste. Siamo tutti difettati. E proprio i nostri difetti sono quello che ci caratterizzano. Possiamo essere felici solo se siamo noi stessi”.

E’ necessario, però, che anche la società sia pronta all’accettazione dell’altro. “Qualche settimana fa – ha raccontato – un bambino mi si è avvicinato sulla spiaggia spiegandomi che la madre aveva detto che Alba era malata e brutta. C’è ancora tanta inconsapevolezza della sindrome di Down che non è una malattia, per non parlare del fatto che facciamo crescere i nostri figli ancora con atteggiamenti che allontanano dalla disabilità. Non siamo in grado di inserire nella nostra vita persone disabili. E’ difficile, per i nostri figli, anche permettere una gita, un doposcuola, un campo estivo. L’Italia è disunita su tutto ma unitissima, purtroppo, su questo fronte. Dietro la disabilità c’è tante cose e penso anche all’aspetto della sessualità sempre poco affrontato, perché sono persone e non bambolotti. Dietro un disabile c’è un essere umano che ha voglia di vivere. Più che la malattia, spesso, è la società che li uccide”.

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