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Il Cdm delibera il ricorso in Cassazione sulla dicitura "genitore 1 e 2"

Dopo una informativa del ministro dell'Interno Piantedosi

Redazione Ansa

Informativa del ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, secondo quanto si apprende, sulla dicitura 'genitore 1 e genitore 2' sulle carte d'identità dei minori, dopo che a febbraio la Corte d'appello di Roma è intervenuta sulla questione oggetto di un decreto ministeriale del 2019 (ministro dell'Interno Matteo Salvini). La decisione era legata al ricorso di una coppia di mamme che aveva impugnato il decreto anche davanti al Tar. Già in primo grado il tribunale aveva accolto la richiesta delle mamme. L'informativa, viene spiegato, potrebbe preludere a un ricorso contro la decisione attraverso l'avvocatura dello Stato.

Il Consiglio dei ministri "ha deliberato di conferire mandato all'Avvocatura dello Stato ai fini del ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma del 24 gennaio 2024, relativa alle modalità di emissione e alle caratteristiche della carta d'identità elettronica (CIE), disciplinate dal decreto interministeriale 23 dicembre 2015 e successive modifiche, il quale prevede, per i genitori dei minori, la definizione di "padre" e "madre" ". E' quanto si legge nel comunicato finale del Cdm.

I giudici della Corte di Appello di Roma lo scorso febbraio in una sentenza di otto pagine ordinarono al Viminale di "indicare sulla carta d'identità elettronica del minore" il termine "genitore" o una "dizione corrispondente alle risultanze dello stato civile, in corrispondenza dei nomi". "Una decisione sbagliata" venne bollata dal vicepremier Salvini, secondo cui "ognuno deve sempre essere libero di fare quello che vuole con la propria vita sentimentale, ma certificare l'idea che le parole 'mamma' e 'papà' vengano cancellate per legge è assurdo e riprovevole. Questo non è' progresso". Di tutt'altro avviso fu la reazione dell'associazione Famiglie Arcobaleno per la quale la sentenza sostanzialmente "smentisce" il disposto ministeriale che stabiliva la sostituzione nei documenti di identità della dicitura "genitori" con quella di "padre a madre". La decisione dei giudici di secondo grado è legata ad un procedimento promosso da una coppia di mamme che aveva impugnato il decreto anche davanti al Tar chiedendo l'emissione di un documento d'identità "che rispecchi la reale composizione della loro famiglia". Già in primo grado il tribunale aveva accolto la richiesta delle mamme, dichiarando di fatto illegittimo il decreto in quanto il documento emesso "integra gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico". Nel provvedimento si affermava inoltre che "proprio l'esistenza di istituti come l'adozione in casi particolari, che può dar luogo alla presenza di due genitori dello stesso sesso (l'uno naturale, l'altro adottivo) dimostra che le diciture previste dai modelli ministeriali (padre/madre) non sono rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e della conseguente filiazione imposte dai modelli ministeriali".
   

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