Politica

Italia-Germania, passi avanti sul Patto di stabilità

Da Berlino danno questo segnale Giorgia Meloni e Olaf Scholz

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Redazione Ansa

Piccoli passi avanti verso il nuovo Patto di stabilità. Da Berlino danno questo segnale Giorgia Meloni e Olaf Scholz, che un anno fa partivano quasi agli antipodi in un negoziato su cui ora si assiste allo sprint finale in Europa, per chiudere entro la fine dell'anno. Il tempo è agli sgoccioli, il clima politico si distende, ma sul piano tecnico i nodi su deficit e debito restano tutti: come spiegano fonti vicine al dossier, insomma, la strada verso una soluzione ancora non è breve. "

Siamo vicini come mai prima d'ora a un risultato", assicura però il cancelliere accanto alla premier con cui ha firmato il Piano d'azione italo-tedesco. E poiché fra i tanti impegni della cooperazione strategica c'è anche quello di quello di "plasmare attivamente il futuro dell'Ue", si impone la necessità di trovare un compromesso. "L'Italia dovrebbe essere più di un partner minore", ha sottolineato il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung, in una giornata che Meloni ha definito "storica" e che l'ha vista anche partecipare gomito a gomito con Scholz alla videoconferenza del G20. Il ritorno di Vladimir Putin in questo contesto, seppur virtuale, ha distratto gran parte dell'attenzione, anche se la premier ha minimizzato l'impatto del leader russo, in cerca "non dico di propaganda, ma di visibilità politica per difendere le sue posizioni".

Il sostegno all'Ucraina è solo uno dei fronti su cui Roma e Berlino sono allineati in questo momento. Scholz ha confermato di guardare "con interesse" all'accordo fra Italia e Albania sui migranti, mentre Meloni prometteva di renderlo "pioneristico", di metterlo a terra in modo serio così da essere replicabile. Cruciale, nel Piano d'azione, è la cooperazione nel campo della Difesa, con i media tedeschi che puntano il focus sugli interessi di Leonardo sui progetti europei e la collaborazione possibile fra Fincantieri e Thyssenkrupp Marine Systems. E poi c'è il gasdotto per gas e idrogeno. Ma è soprattutto la riforma del Patto di stabilità su cui ora si misura il braccio di ferro fra i due governi. Mentre da Bruxelles arrivava la proposta legislativa preparata dalla presidenza spagnola del Consiglio Ue (in cui sono spuntati gli obiettivi di transizione), qualche passo avanti è filtrato dal vertice intergovernativo. Fra i sette ministri italiani anche quello dell'Economia Giancarlo Giorgetti, che a Berlino si è confrontato con l'omologo tedesco Christian Lindner all'indomani del faccia a faccia con quello francese Bruno Le Maire. Roma e Parigi spingono per più flessibilità.

Ma "non una politica di bilancio allegra", ha precisato Meloni ribadendo la necessità di difendere gli investimenti strategici nelle nuove regole di governance. Si guarda all'Ecofin dell'8 dicembre, e alla cena della sera prima fra ministri. Intanto i nodi sono ancora sul tavolo. Le nuove regole fiscali "dovrebbero prevedere una riduzione graduale, realistica e sostenibile del debito e del deficit, evitando la prociclicità" - ha chiarito Giorgetti - e "la transizione dalle regole esistenti a quelle nuove dovrebbe tenere in considerazione gli investimenti già pianificati". Criteri e percentuali non sono ancora definiti. "Se si volesse avere un'idea sui numeri possibili di rientro del debito, non posso farlo se non so cosa accade agli investimenti", è la sintesi di Meloni. Scholz invece ha parlato di progressi, nella giusta direzione: "Il criterio di stabilità deve avere un ruolo importante ma non vogliamo che un Paese debba seguire un programma di austerity".

Un concetto gradito a Roma. Mentre a Berlino hanno apprezzato la risposta della premier a una domanda in conferenza stampa sulle difficoltà del governo tedesco dopo la sentenza della Corte Costituzionale sul bilancio: "La Germania è affidabile, a me non piace l'ingerenza dei Paesi membri su questioni interne". Avrebbe potuto, ha notato il quotidiano Faz, "trarre una certa dose di Schadenfreude", cioè di "gioia per le disgrazie altrui", viste le "abituali lezioni di Berlino degli ultimi decenni". Invece, non ha "mostrato niente di questo".

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