Politica

Napolitano e le larghe intese contro l'antipolitica 5s

Gli scontri con i 5 stelle e il fanatismo moralizzatore

Giorgio Napolitano

Redazione Ansa

Che ''coraggio'' dimostrò Enrico Berlinguer nel lontano 1976 aprendo alla Dc, cioé a quel movimento politico, ormai disperso in mille rivoli, che nel partito comunista di allora era visto come il diavolo della politica. Certo, negli anni '70 l'Italia era sotto il fuoco del terrorismo rosso ma, proprio come oggi, la crisi mordeva e ''la situazione finanziaria era fuori controllo''. Serviva ''una visione della politica come responsabilità'', e il Pci di allora seppe tirarla fuori. Giorgio Napolitano sarà ricordato anche per la sua costante "moral suasion" a smussare gli spigoli nella ricerca di una collaborazione tra i partiti per il bene del Paese.

"Larghe intese" quindi, anche per contrastare un certo "fanatismo moralizzatore" interpretato dal Movimento Cinque stelle che tanto lo disturbò negli anni della sua permanenza al Quirinale. Napolitano ha più volte usato i fatti del passato per spiegare accadimenti più recenti e certamente questo era il suo pensiero quando fece una scelta costituzionalmente corretta dando l'incarico di formare il nuovo governo a Pierluigi Bersani. Ma in cuor suo auspicava una larga intesa che puntualmente avvenne dopo la rinuncia di Bersani: a formare il governo ci riuscì Enrico Letta con l'appoggio di Silvio Berlusconi.

Bersani infatti rimase fermo contro ogni opzione di "governissimo". Si uscì così, seppur per poco, visto che il governo Letta durò nove mesi, da uno stallo gravissimo che aveva caratterizzato una delle principali preoccupazioni di Napolitano: i pericoli dell'anti-politica, per lui malattia mortale della vita democratica. un virus che attraverso ''un fanatismo'' moralizzatore apriva voragini di rischio per la tenuta delle istituzioni. Il presidente allora si fermò a queste parole ma tutti lessero la sua invettiva come un riferimento alle manifestazioni più estreme della ventata grillina di purificazione della politica.

E il Quirinale mai smentì questa lettura. Anzi, il 'migliorista' Napolitano non rinunciò ad un'altra punzecchiatura spiegando che in politica si parte con "modestia e serietà" e soprattutto dopo ''un faticoso e non breve apprendistato di base''. Che il giudizio personale dell'ex presidente nei confronti dell'M5s dell'epoca non sia stato certo lusinghiero lo si evince da una serie di affermazioni simili che hanno trovato il culmine quando Napolitano perse le staffe in una delle sue dichiarazioni più dure: si era sempre nel 2013 e il capo dello Stato aveva appena inviato un accorato messaggio alle Camere sulla situazione delle carceri che era stato accolto dal Movimento come un'implicito aiuto a Berlusconi sull'amnistia per i suoi procedimenti in corso. I giornalisti che lo seguivano a Cracovia gli fecero notare le reazioni dei Cinque stelle alla sua iniziativa e il presidente sbottò: quelli che accusano Giorgio Napolitano di volere un’amnistia pro-Berlusconi sono persone “che fanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese. E non sanno quale tragedia sia quelle carceri. Non ho altro da aggiungere”, disse visibilmente arrabbiato.

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