Politica

Da Lampedusa a Giuba, il Papa che ama le 'periferie'

Dal Polo Nord all'Equatore dribblando le grandi capitali

Papa Francesco a Lampedusa (2013)

Redazione Ansa

   Francesco è il Papa delle periferie del mondo: da Lampedusa a Giuba, in Sud Sudan, Bergoglio in questi dieci anni ha voluto privilegiare gli angoli del pianeta dimenticati dal mondo. E così ha acceso lui i riflettori su realtà che rischiano di essere perennemente in secondo piano. E' con questa logica che è stato a Tirana e non a Parigi, a Malta e non a Madrid o a Berlino. Due volte a Lesbo, l'isola greca dei migranti, come aveva scelto Lampedusa per la sua prima visita in Italia. E se Venezia di fatto ha perso le speranze di vederlo nelle sue calli, il Papa è stato sei volte ad Assisi. Nelle visite italiane anche altri piccoli centri che avevano bisogno della 'carezza' del Papa: Amatrice dopo il terremoto, Piazza Armerina per ricordare don Pino Puglisi, Portocomaro per festeggiare il compleanno della cugina.

    E' stato lo stesso Francesco, nel viaggio di ritorno dall'Africa, lo scorso mese di febbraio a spiegare che per l'Europa ha scelto "i paesi più piccoli, per conoscere l'Europa nascosta, l'Europa che ha tanta cultura". "La scelta mia è questa: cercare di non cadere nella globalizzazione dell'indifferenza". Di qui allora la scelta di visitare nel 2015 la Bosnia e l'Erzegovina, nel 2016 la Svezia, nel 2018 i Paesi del Baltico e poi le realtà più piccole del vecchio continente, da Cipro alla Macedonia del Nord.

    Nel mondo il Papa ha guardato alle terre provate da piaghe del passato e del presente e ha voluto portare una Chiesa in penitenza là dove i presuli hanno commesso abusi e reati. Così è stato per la difficile visita in Irlanda, dove la piaga della pedofilia ha allontanato generazioni di fedeli dalle chiese.

    Così è stato tra le popolazioni native del Canada che hanno subito ogni genere di sopraffazione nelle scuole residenziale gestiti dagli ordii religiosi cattolici.
    Il Papa ha scelto poi terre toccate direttamente dalle guerre mettendo da parte ogni eventuale remora legata alla necessità di sicurezza. Con questo spirito è andato nella Repubblica Centrafricana, in Iraq, in Congo, terre insanguinate da feroci conflitti.

    Il dialogo interreligioso è un altro filo rosso che il Papa segue da dieci anni. Di qui le visite in tanti Paesi dove i cattolici sono una esigua minoranza: dalla Turchia musulmana allo Sri Lanka buddista.
    I prossimi viaggi saranno in Ungheria a fine aprile, a Lisbona in estate per la Giornata Mondiale della Gioventù, a Marsiglia a settembre per un incontro dei vescovi del Mediterraneo. Ma già annunciato che è allo studio per questo 2023 una visita nella lontana Mongolia, dove i cattolici sono poco più di un migliaio, meno di quelli di una qualsiasi parrocchia di montagna.

    Ma nel cuore ci sono altri importanti viaggi che il Papa spera di fare: quello a Kiev e Mosca per suggellare quella pace così lontana. E poi la Cina: "Se ho voglia di andare in Cina? Ma sicuro, anche domani". Lo diceva nell'agosto del 2014. Un sogno che sembra però ancora lontano dal realizzarsi. 

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