Politica

Dall'Ucraina al nodo nomine, Meloni avanti senza strappi

Il voto conferma la leadership e i pesi del governo. Ma FdI non teme gli alleati

La premier Giorgia Meloni

Redazione Ansa

Il voto delle regionali è un test superato per il governo ma, sono tutti concordi, non cambia di molto gli equilibri interni alla maggioranza. E quindi si consolida la leadership di Giorgia Meloni nel centrodestra. Ma gli alleati tengono - nel caso della Lega molto più dei pronostici della vigilia, soprattutto in Lombardia - e sono pronti già da oggi, è la scommessa che fanno in molti, a ricominciare con i piccoli screzi, con i distinguo, che rischiano di rendere accidentata la strada del governo. Da qui la necessità per Palazzo Chigi , si ragiona in ambienti della coalizione, di procedere senza "strappi" Ieri come oggi, insomma, a impensierire la premier sono più i partiti che la sostengono che le opposizioni. Certo, è un ragionamento che si fa in casa di Fdi, l'unica alternativa a questo governo è il voto e un nuovo passaggio alle urne, dice un dirigente del partito "non sarebbe bello per loro". Perché certo, "hanno tenuto rispetto alle politiche ma se si fa il confronto con le ultime regionali...". 

Le uscite di Silvio Berlusconi - che domenica ha oscurato l'appuntamento elettorale col suo affondo sull'Ucraina e su Zelensky - vengono derubricate a intemperanze. E, anzi, c'è chi osserva che di fatto hanno isolato il leader azzurro, visto che tutta Forza Italia, a partire dai ministri, si è schierata pubblicamente sulla linea atlantista e filo-ucraina del governo. Contemporaneamente viene vista come un segnale di alleggerimento nei rapporti tra Palazzo Chigi e i suoi alleati la decisione del governo di revocare la costituzione di parte civile nel processo Ruby-ter a carico del Cavaliere. Il viaggio a Kiev, assicurano peraltro dall'esecutivo, resta in agenda e potrebbe avvenire a ridosso dell'anniversario (il 24 febbraio) dell'inizio del conflitto, se ci saranno le condizioni. Ma le occasioni ad alto rischio incidente sono molteplici, non solo in politica estera: per evitare di entrare in rotta di collisione il giorno dopo il successo elettorale, in commissione alla Camera slitta il voto sul decreto benzina, perché non si è ancora trovata una soluzione che soddisfi tutti gli alleati sul metodo con cui esporre i prezzi medi (Fdi ha proposto una app, Forza Italia insiste con il qrcode). 

Sulla giustizia - mentre ancora è fresco il caso Donzelli-Delmastro su Cospito - si potrebbe aprire un nuovo fronte, con Lega e Fi che, insieme al Terzo Polo, chiedono di accelerare sulla separazione delle carriere. Un asse, quella tra i due azionisti di minoranza dell'esecutivo, che in prospettiva rischia di mettere i bastoni tra le ruote all'azione del governo. Che in primavera è atteso alla prova regina, quella delle nomine delle partecipate pubbliche. Una partita che potrebbe come antipasto la Rai, che non era nei progetti originari della premier. Meloni avrebbe preferito mettere la testa sul dossier della tv pubblica alla scadenza del cda. Ma le tensioni degli ultimi giorni esasperate dallo scontro su Sanremo, stanno cambiando l'orientamento e un cambio al vertice, anche se l'eventuale sostituto di Carlo Fuortes durerebbe un solo anno, viste le attuali regole. Sempre entro la primavera Meloni sarà chiamata a scrivere il suo primo Def, che darà l'orientamento della politica economica, senza più la scusa del poco tempo a disposizione come con la manovra. E nel frattempo dovrà contrattate con Bruxelles la revisione del Pnrr. Tenendo a bada le pretese degli alleati che non faranno che intensificarsi anche in vista della nuova cavalcata elettorale. Quella per le elezioni europee del 2024. Quelle sì cruciali perché se andasse in porto il progetto di staccare il Ppe dal Pse coltivato dai Conservatori - guidati da Meloni - cambierebbero completamente gli equilibri. Stavolta non a Roma ma a Bruxelles. 

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