Politica

Fine vita, primo ok Camera. Ma al Senato numeri risicati

Allarme dei sostenitori. Fico, Parlamento si assuma responsabilità

Filomena Gallo, Mina Welby e Marco Cappato durante una manifestazione

Redazione Ansa

A tre anni e mezzo dalla prima ordinanza della Corte costituzionale del novembre 2018 che sollecitava il Parlamento a varare una legge sul suicidio assistito, la norma compie il primo passo con l'approvazione da parte della Camera, dove i tentativi del centrodestra di affossare la legge a colpi di voti segreti non hanno sortito effetto. La maggioranza giallo-rossa che sostiene la legge ha retto, e alla fine i sì sono stati 253 e i no 117, con un astenuto, l'azzurro Simone Baldelli. Anzi, in favore del provvedimento si sono schierati anche sei deputati di Fi e cinque di Coraggio Italia, mentre dentro Italia Viva (che aveva lasciato libertà di voto) in sette hanno votato contro. Ora la legge passa al Senato dove la situazione, però, potrebbe complicarsi per i sostenitori del Fine vita visti i numeri più risicati. Allarme colto dal presidente della Camera, Roberto Fico, che salutando come "un passo fondamentale" il primo ok al provvedimento sottolinea come il Parlamento debba "assumersi le proprie responsabilità affrontando anche i temi etici e dando risposte ai cittadini".
    All'ordinanza del novembre 2018 della Consulta, era seguita un anno dopo una pronuncia della Corte che dichiarava parzialmente incostituzionale il reato di aiuto al suicidio, nella sentenza sul caso Dj Fabo-Cappato. In essa indicava al Parlamento quattro pilastri per una legge sul suicidio assistito: che il paziente sia in grado di intendere e volere; che sia affetto da una malattia non reversibile; che abbia sofferenze psichiche o fisiche intollerabili; che dipenda da presidi vitali. Queste quattro condizioni per accedere alla "morte volontaria medicalmente assistita" (questo è il nome ufficiale della legge) sono il cuore del provvedimento approvato dalla Camera, dopo una complessa mediazione dei relatori, Alfredo Bazoli (Pd) e Nicola Provenza (M5s).
    Questi hanno accolto già in Commissione una serie di richieste del centrodestra, a partire dalla possibilità di obiezione di coscienza per i sanitari, richiesta anche dalla Cei. Inoltre è stato previsto che le sofferenze del paziente siano "fisiche e psichiche" e non "fisiche o psichiche"; e ancora, il paziente deve essere tenuto in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale. Due punti che i critici sostengono siano in contrasto rispetto ai paletti indicati dalla Consulta.
    L'associazione Luca Coscioni, promotrice del referendum sull'eutanasia, e i Radicali Italiani hanno chiesto che il Senato modifichi almeno questo punto.
    "Con il primo via libera alla Camera - esulta il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà - il Parlamento si rimette in sintonia con il Paese"; concetto evidenziato dai partiti che hanno sostenuto la legge (dal segretario del Pd Enrico Letta al capogruppo di Leu Federico Fornaro). Il centrodestra tutto, da Antonio Palmieri e Pierantonio Zanettin di Fi, fino a Carolina Varchi (Fdi), Alessandro Pagano (Lega) e Fabiola Bologna (Ci) ha sostenuto che la legge apre le porte in futuro all'eutanasia, come è avvenuto in Belgio o in Olanda.
    Tesi respinta da Graziano Delrio del Pd.
    Dal centrosinistra e da M5s è arrivato l'auspicio che ora il Senato mandi avanti la legge e non la affossi come avvenuto per il ddl Zan. La capogruppo del Pd Simona Malpezzi si è impegnata a far procedere la legge a Palazzo Madama dove tuttavia i numeri dei giallo-rossi sono risicati, e dove saranno determinanti i voti delle varie e spesso imprevedibili componenti del gruppo Misto.
   

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