Politica

Fine vita, slitta la decisione della Consulta sul suicidio assistito

Cappato: 'Aiutare Fabo un dovere morale'. La corte aveva dato un anno di tempo al Parlamento per legiferare

Redazione Ansa

Slitta a domani la decisione della Consulta sulla compatibilità con la Costituzione dell'articolo 580 del codice penale che punisce l'aiuto e l'istigazione al suicidio con la reclusione fino a 12 anni.

Questione posta dalla Corte d'Assise di Milano nell'ambito del processo a Marco Cappato. Stamattina c'è stata l'udienza pubblica, a cui era presente anche Cappato, che è finito sotto processo dopo aver accompagnato in Svizzera il Dj Fabo deciso a ricorrere al suicidio assistito ."Ho aiutato Fabiano perché l'ho ritenuto un mio dovere morale, ora dovremo sapere se può essere riconosciuto come un diritto", ha detto Cappato. La sua difesa ha chiesto che la Corte dichiari l'incostituzionalità , mentre l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri ha sostenuto la inammissibilità, perchè sul fine vita serve una disciplina generale.

Un anno fa la Corte si era fermata a un passo dalla decisione. Dando un anno di tempo al Parlamento per legiferare su una materia tanto delicata, visto l'incrocio di valori di primario rilievo. Un periodo che è però trascorso invano. Sembra perciò difficile che la Corte che ora tornerà a riunirsi in udienza pubblica (una seconda seduta è prevista mercoledì) possa concedere un nuovo rinvio. Anche perchè aveva già messo in chiaro un punto fermo: in alcune situazioni come quella in cui venne a trovarsi Dj Fabo, cieco e tetraplegico, la tutela della vita trova un limite nella necessità di riconoscere altri valori costituzionali, come la dignità della persona e la sua autodeterminazione.

Se non ci sarà il rinvio, tre sono le strade davanti alla Corte, come spiega il presidente emerito della Consulta Giovanni Maria Flick. La Consulta potrebbe dichiarare inammissibile la questione ("ma sarebbe strano che dopo essere andata avanti sino alla metà del fiume si fermi a questo punto"); oppure potrebbe rigettare o accogliere parzialmente la questione. In quest'ultimo caso potrebbe dire: "una norma che punisce l'aiuto al suicidio, senza tener conto della situazione di chi è in sofferenza insostenibile, è incostituzionale nella parte in cui non prevede questa deroga".

Mentre nel caso del rigetto, "la Corte potrebbe dire la norma resta in vigore, a condizione che venga interpretata nei termini che hanno ispirato la legge 219 sulle disposizioni del fine vita". Anche sui tempi della decisione non ci sono certezze, visto che i giudici si riuniranno in camera di consiglio solo alla fine dell'udienza pubblica.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it