Politica

Fausto Pettinelli, il 9 maggio '78 a via Caetani

Giornalista parlamentare dell'ANSA ricorda quelle tragiche ore

In una foto d'archivio del 9 maggio 1978 Francesco Cossiga in via Caetani, a Roma

Redazione Ansa

   "A Montecitorio la mattinata era trascorsa come al solito in una tensione palpabile che si coglieva in tutti, deputati e giornalisti. Una tensione mai stemperata, in tanti giorni e notti di attesa di qualche notizia. Alle 13.10, nella sala stampa squillò uno dei tanti telefoni sul tavolo dell'ANSA: 'Vai subito in via Caetani'. Era la voce amica di un carabiniere, che riattaccò immediatamente". E' Fausto Pettinelli, all'epoca giornalista parlamentare dell'Agenzia ANSA, a ricordare le drammatiche ore del 9 maggio 1978.

    "Via Caetani dista da Montecitorio neanche un chilometro. A passo svelto la raggiunsi in pochi minuti. C'era un gruppetto di persone attorno ad una vecchia Renault 4 rossa. Un uomo mi venne incontro: 'Non può passare - mi intimò - Torni indietro, è pericoloso. C'è una macchina minata'. Feci dietrofront, ma dopo pochi passi m'infilai nell'androne di un palazzo e salii ai primi piani, alla ricerca di un telefono. Suonai il campanello di tre appartamenti, ma soltanto una signora aprì lo spioncino, e in un baleno lo richiuse con serrature e chiavistelli. Nel frattempo tutta la strada era stata isolata da plotoni di carabinieri, poliziotti, guardie di finanza e vigili urbani. Non pensai subito a Moro assassinato, ma a qualche clamorosa, teatrale, messinscena delle Br. Di corsa salii al secondo piano.
   
   Una coraggiosa signora, di almeno novant'anni, mi ricevette in casa con cordialità, e quasi divertita mi accompagnò in un elegante salottino imbottito di tappeti, dov'erano una scrivania e un telefono. Prima di dare qualsiasi tipo di notizia volevo avere il 'placet' di Fausto Balzanetti, il caporedattore centrale dell'ANSA, che dette subito il disco verde al primo flash. 'Ti mando subito un fotografo', mi disse Balzanetti. Non potendomi affacciare, studiai l'angolazione dei vetri della finestra accostata che, facendo da specchio, mi consentivano, senza essere visto, di controllare dall'interno i movimenti nella strada ormai gremita di uomini delle forze dell'ordine. Fu così che divenni uno dei pochi giornalisti testimoni della macabra scena: la scoperta del corpo dell'onorevole Moro rannicchiato nella 'R4', con la testa reclinata di lato come a non voler guardare i suoi carnefici. Da quel momento, per più di tre ore, dettai a braccio, minuto per minuto, una cronaca fra le più partecipi e drammatiche che mi siano capitate. Appena il furgone nero scortato dai carabinieri portò via il corpo di Moro, la strada si sgombrò, ma restò chiusa e piantonata. A quel punto potei lasciare il mio osservatorio per andare di corsa alla sede della Dc, a piazza del Gesù, dove già si stava dirigendo una gran massa di gente con le bandiere scudocrociate.

    Rolando Fava, il più valoroso fotoreporter dell'Ansa, instancabile e coraggioso giramondo, era in piazza Venezia quando l'ANSA battè il primo flash. Qualche anno dopo raccontò così quei momenti. 'Via Caetani era chiusa da entrambi i lati dalle forze dell'ordine. Ma io potei entrare in un palazzo, passando da una porta secondaria del cortile interno. Chiesi al portiere di farmi affacciare da una finestrella, un metro per un metro, al piano rialzato, ma fino ad allora non avevo alcuna idea che potesse trattarsi di Moro. E' da lì che scattai le immagini degli artificieri che aprirono prima il cofano anteriore, poi il portabagagli. Solo allora qualcuno sollevò la coperta e vidi Aldo Moro in quella posizione un po' innaturale. Credetti che fosse stato drogato, che dormisse... ma fu per poco. Subito la strada si riempì del dolore di tutti'. Poco più tardi l'agenzia trasmise la foto di Rolando. È lo scatto che ha avuto il primato di diffusione in tutto il mondo. Rolando Fava fu poi premiato a New York con una medaglia d'oro, per 'L'attimo che conta'. E' la medaglia, fra le cento altre, che lo emozionava di più". 

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