Politica

Mattarella, D'Antona è martire nostra democrazia

Il ricordo alla cerimonia a 18 anni dalla morte

La targa in via Salaria, a Roma, sul luogo dove Massimo D'Antona fu ucciso dalle nuove Brigate Rosse

Redazione Ansa

"La storia della Repubblica è segnata dal sacrificio di uomini e donne che, generosamente, hanno dato il meglio di loro stessi per rendere vitali gli istituti della democrazia, per rendere veri i diritti e far avanzare le opportunità, per innovare il modello sociale rafforzando i suoi valori costitutivi". E' un passaggio del messaggio che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Segretario Generale della Cgil, Susanna Camusso, in occasione del 18/o anniversario del barbaro assassinio di Massimo D'Antona. "Della nostra democrazia Massimo D'Antona è stato un interprete positivo, e ne è divenuto un martire quando la delirante ferocia terroristica ha attribuito alla sua persona il valore di un simbolo. E D'Antona, in realtà, era simbolo: di uno sforzo riformatore, che - prosegue Mattarella - ambiva a consolidare i diritti universali del lavoro".

"A diciotto anni dal vile e barbaro assassinio di Massimo D'Antona - scrive Sergio Mattarella nel suo messaggio al segretario della Cgil - desidero esprimere la mia vicinanza e la mia solidarietà alla moglie Olga, alla figlia Valentina, ai colleghi, agli amici, a quanti con lui hanno condiviso l'impegno sociale e oggi, con coerenza, ne onorano pubblicamente la memoria. La storia della Repubblica è segnata dal sacrificio di uomini e donne che, generosamente, hanno dato il meglio di loro stessi per rendere vitali gli istituti della democrazia, per rendere veri i diritti e far avanzare le opportunità, per innovare il modello sociale rafforzando i suoi valori costitutivi. Della nostra democrazia - sottolinea il Presidente della Repubblica - Massimo D'Antona è stato un interprete positivo, e ne è divenuto un martire quando la delirante ferocia terroristica ha attribuito alla sua persona il valore di un simbolo. E D'Antona, in realtà, era simbolo: di uno sforzo riformatore, che ambiva a consolidare i diritti universali del lavoro all'interno della grandi trasformazioni del nostro tempo, che progettava cambiamenti nella Pubblica Amministrazione per renderla più funzionale allo sviluppo del Paese, che cercava nuovi equilibri nei servizi pubblici tra i diritti di chi vi lavora e quelli dei cittadini-utenti".

"Nella sua vita non ha esitato a porre i propri studi, la propria intelligenza, la propria passione al servizio di una crescita collettiva. Ha creduto nel confronto e, attraverso il dialogo, ha cercato intese per ottenere progressi sociali. Ne hanno avuto esperienza anche i suoi studenti, che ne apprezzavano il rigore e, al tempo stesso, la capacità di individuare i problemi nuovi che emergevano. La sua vita è stata spezzata nell'anniversario della pubblicazione dello Statuto dei Lavoratori. E' stato ucciso - ricorda Mattarella - come altri intellettuali, impegnati per un'Italia migliore, che studiavano e lavoravano sulla frontiera dei cambiamenti sociali".
    "La Repubblica non li dimenticherà. La loro testimonianza costituisce per tutti una sfida e uno stimolo ad andare avanti. Per sradicare la violenza da ogni ambito della vita politica e sociale. Per progettare il domani - conclude Mattarella - senza avere paura delle innovazioni che siamo chiamati ad affrontare, consapevoli dello straordinario patrimonio di civiltà che la Costituzione democratica ci ha consegnato".
   

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