Politica

Consip: pm, T.Renzi si faceva promettere soldi.Lui,falso

Mai chiesto alcunchè. Bocchino, appalti sono bacino voti

Il 'sistema Romeo' secondo le accuse dei pm di Roma

Redazione Ansa

Promesse di denaro in cambio dell'attività di mediazione sui vertici di Consip: l'accusa per Tiziano Renzi, padre dell'ex premier, è circostanziata nelle 4 pagine del decreto di perquisizione emesso dalla procura di Roma nei confronti dell'imprenditore toscano Carlo Russo nell'ambito dell'inchiesta che ha portato in carcere Alfredo Romeo. Russo e Renzi, sostengono i pm, "sfruttando le relazioni esistenti tra Tiziano Renzi e Luigi Marroni", ad di Consip, "si facevano promettere indebitamente" da Romeo, "che agiva previo concerto con Italo Bocchino, suo consulente, utilità a contenuto economico, consistenti nell'erogazione di somme di denaro mensili, come compenso per la loro mediazione verso Marroni", in relazione allo svolgimento di gare.

Oltre a Tiziano Renzi e Russo, con l'accusa di concorso in traffico di influenze, sono indagati anche lo stesso Romeo e Italo Bocchino. Secondo i pm, Romeo in concerto con l'ex parlamentare, si sarebbe "accordato con Carlo Russo (a fronte di ingenti somme di denaro promesse) ... affinché questi" - si legge nel decreto - utilizzando le sue personali relazioni e quelle di Tiziano Renzi, "interferisse indebitamente sui pubblici ufficiali presso la Consip al fine di agevolare la società di cui Romeo è dominus". Russo, in particolare avrebbe agito "utilizzando le proprie relazioni (di cui vi è prova diretta) e le relazioni di Tiziano Renzi (con il quale lo stesso Russo afferma di aver agito di concerto e al quale parimenti, da un appunto vergato dallo stesso Romeo, appare essere destinata parte della somma promessa)". "Nessuno mi ha mai promesso soldi, né io ho chiesto alcunché.

Gli unici soldi che spero di ottenere - dice in serata Tiziano Renzi, convocato per venerdì dai pm romani - sono quelli del risarcimento danni per gli attacchi vergognosi che ho dovuto subire in questi mesi. Sono contento del fatto che il 16 marzo finalmente inizieranno i processi contro chi mi ha diffamato". "Ho 65 anni - aggiunge - e non ho mai avuto un problema con la giustizia per una vita intera fino a due anni fa, quando sono stato indagato e poi archiviato dalla procura di Genova.

Confermo la mia fiducia nei confronti del sistema giudiziario italiano e della magistratura". Il suo legale parla di fatti "del tutto insussistenti": non sono mai stati chiesti soldi né alcun'altra utilità all'imprenditore Romeo - sottolinea l'avvocato Federico Bagattini - e non è stata promessa alcuna forma di interessamento, in effetti mai avvenuta, nei confronti di Marroni e/o Consip, a favore del medesimo o di qualsiasi altro soggetto".

A chiamare in causa il padre dell'ex premier sarebbe tra l'altro un foglietto trovato tra i rifiuti dell'ufficio romano di Romeo, recuperato dai carabinieri nella discarica di Roma nel quale compaiono alcune iniziali e delle cifre che corrisponderebbero a delle somme di denaro. Una prassi, quella dei pizzini, che l'imprenditore arrestato oggi utilizzava frequentemente. "Questa modalità - ha messo a verbale il funzionario della Consip Marco Gasparri, nei due interrogatori in cui ha confessato di aver preso soldi dall'imprenditore - era una consuetudine perché Romeo era convinto che il proprio cellulare fosse inoculato da captatore informatico, mentre era sicuro che il suo ufficio fosse pulito". Sui pizzini, dice il Gip, "vi è riserbo dovuto ad indagini in corso".

Tutti i foglietti sarebbero stati scritti da Romeo nel suo quartier generale romano, in via della Pallacorda. Nel cuore di Roma, a due passi da Palazzo Madama e Montecitorio, l'imprenditore riceveva "non solo - scrive la procura - il proprio consulente Italo Bocchino, ma anche il dirigente Consip Gasparri ed altri pubblici ufficiali, faccendieri e persone che si propongono in attività di 'intermediazione' con la Pa, con cui intrattiene opachi rapporti". Ed è proprio l'ex parlamentare a spiegare in un'intercettazione il rapporto politica-Consip.

"Gli appalti - scrive il gip facendo riferimento alle sue parole - devono essere gestiti per favorire prevalentemente le cooperative, in quanto rappresentano sia un bacino di voti dal quale poter attingere (a differenza dei grandi gruppi come Romeo) ed anche e soprattutto un modo lecito per finanziare la politica e/o il politico di turno". Poi il giudice riporta le parole dello stesso Bocchino. "...E' chiaro che la politica ha il problema del territorio... perché un politico può venire da te a chiederti 60mila euro che ti ha chiesto (omissis) ma i mille pulitori sul territorio, sono mille persone che danno cinquemila euro ciascuno...sono mille persone che quando voti si chiamano i loro dipendenti...tu i tuoi dipendenti manco sai chi sono...non te li puoi chiamare per dire votate a tizio, a caio o a sempronio nel tuo modello...no? Il pulitore che c'ha cento dipendenti, quello si chiama le cento famiglie e dice senti...a sindaco dobbiamo votare questo per questa ragione...quindi secondo me non c'è una scelta politica...noi c'abbiamo la doppia spiga...la scelta politica e...il prezzo che tu devi pagare per la paginata che teme...perché sei stato generoso quando lui non contava un cazzo...". 

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