Politica

Lupi: Dimissioni eccellenti e non, sempre fuga dal voto Aula

Sfiducia rara. Il caso della rimozione 'forzata' di Mancuso

Maurizio Lupi

Redazione Ansa

Maurizio Lupi non aspetta il voto sulla mozione di sfiducia per dimettersi, e conferma così una tendenza prevalente nella storia della prima e seconda Repubblica. A fronte delle tantissime mozioni di sfiducia presentate in Parlamento, quasi sempre i ministri finiti bella bufera preferiscono dimettersi prima. Le cronache registrano un solo caso in cui una mozione di sfiducia fu accolta: era il 19 ottobre 1995 e l'assemblea di palazzo Madama approvò la sfiducia al ministro della Giustizia, Filippo Mancuso, Guardasigilli nel governo tecnico guidato da Lamberto Dini. Ma il voto di sfiducia non fu sufficiente: Mancuso infatti non si dimise e per "rimuoverlo" fu necessario un intervento diretto dell'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Nella storia del Parlamento ci sono tantissimi casi di dimissioni respinte dal voto parlamentare. Chi si è dimesso lo ha fatto anticpando il giudizio dell'Aula. Così è stato anche negli anni più recenti. Con il caso Nunzia De Girolamo ad esempio. E' il 26 gennaio 2014 quanto il ministro si dimette dal suo ruolo all'Agricoltura. "Non posso restare in un governo che non ha difeso la mia onorabilita'" dice. A differenza dei casi che hanno coinvolto nello stesso governo Letta Angelino Alfano e Annamaria Cancellieri, blindati da Palazzo Chigi quando se ne chiedevano le dimissioni, Enrico Letta non la difende . In quell'occasione proprio Maurizio Lupi commenta: "Perdiamo un ottimo ministro ma guadagniamo una risorsa enorme per il partito". Ed è sempre durante il governo guidato da Letta che il 24 giugno 2013 si dimette il ministro dello Sport e delle pari opportunità Josefa Idem, finita sotto i riflettori per una vicenda di Ici non pagata. All'inizio anche lei resiste, con argomentazioni che fanno però precipitare la situazione: "Non sapevo dell'Ici non pagata, io non mi sono mai occupata personalmente della gestione di queste cose". Ma in tema di dimissioni, quelle che hanno fatto più scalpore restano quelle di Claudio Scajola. Il ministro è arrivato a presentarle e a farsele accettare in due governi diversi. Nel 2002 quando, ministro dell'Interno del Governo Berlusconi, si lascia andare ad alcune esternazioni sul giuslavorista Marco Biagi definito "un rompicoglioni". Poi il 4 maggio del 2010 è costretto a dimettersi di nuovo , sempre nelle mani di Berlusconi, per la nota vicenda della casa pagata "a sua insaputa".
E' un via vai di dimissioni presentate, respinte e ripresentate il caso del sottosegretario all'Economia Nicola Cosentino. Alla fine, il 14 luglio 2010, indagato per collusione con camorra, si dimette. Pochi giorni prima l'opposizione aveva ottenuto anche le dimissioni di un altro sottosegretario del Pdl, Aldo Brancher. Cosentino aveva presentato le dimissioni già a febbraio ma Berlusconi le aveva poi respinte. 

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