Medio Oriente

Diario da Gaza - 2 AGOSTO Rafah, nove ore sotto le bombe di Israele

Le testimonianze di sopravvissuti e soccorritori

Redazione Ansa

2 AGOSTO - "Per nove ore - dicono - dalle sette di sera di venerdì alle sei di mattina di sabato dal cielo sono piovute le bombe di Israele. Artiglieria, cannonate, bombe sganciate da aerei. Un inferno". E ancora oggi, all'arrivo nella zona di Rafah, si leggeva la paura sul volto di centinaia di persone in fuga. "Dove andate?", è stato chiesto loro. "Il più lontano possibile da Rafah". Molti hanno cercato ieri rifugio nelle scuole pubbliche. Le aule si sono riempite fino ad ospitare anche 150 persone. La ressa era insopportabile. Gli uomini erano seduti, impotenti, sui marciapiedi. Le vittime dei bombardamenti sono stimate in diverse decine: il numero esatto non è stato ancora stabilito, ma si parla di oltre un centinaio. L'attacco israeliano a Rafah è scattato ieri dopo il rapimento di un soldato nella zona di confine. L'esercito, è stato detto, ha tentato di impedire in tutti i modi che fosse trasferito attraverso i tunnel nel vicino territorio egiziano. Ma questa notizia, ancora oggi, è accolta a Rafah con totale scetticismo. Il rapimento, affermano in molti, è stato "inventato da Israele".

"Se davvero Hamas avesse catturato un ufficiale israeliano - aggiungono - si sarebbero viste feste". Nel tardo pomeriggio di venerdì l'esercito ha ordinato alla popolazione di chiudersi nelle case, per aver salva la vita. Fra gli obiettivi colpiti, le abitazioni di esponenti locali di Hamas, l'ospedale al-Najar (che era stato fatto sgomberare) e altre infrastrutture. Oggi a Rafah sono mancate del tutto la corrente elettrica e l'erogazione dell'acqua. Si fa la coda per acquistare qualche bottiglia di acqua purificata. Per entrare a Rafah era necessario svicolare, passando dalla vicina Khan Yunes. All'ingresso di Rafah, ai margini di una strada, era visibile una Mercedes carbonizzata. Abitanti del rione Tel Sultan avrebbero poi raccontato della loro notte da incubo: 60 persone al piano terra di un edificio di tre piani. Ad ogni colpo di artiglieria, la palazzina si scuoteva. Occorreva chiudere con le mani le orecchie dei bambini.

Intanto, fra sé e sé, gli adulti cercavano di ricordarsi se, fra i vicini, ci fosse un qualche esponente di spicco di Hamas che potesse forse rappresentare un obiettivo per Israele. Ma nel pomeriggio di sabato in diverse località di Gaza è seguita la calma. A Khan Yunes, a Khuzaa (teatro di una sanguinosa battaglia) e, nel Nord della Striscia, anche a Beit Lahya, i soldati israeliani all'improvviso si sono dileguati. Un portavoce militare ha detto, in arabo, che nel Nord della Striscia le operazioni erano terminate e che la popolazione poteva rientrare nelle abitazioni. Doveva però fare attenzione "agli esplosivi lasciati sul terreno da Hamas". Il grande ritorno degli abitanti tuttavia non c'è stato: la paura e l'incredulità sono ancora troppo forti. Al calare delle tenebre gli abitanti di numerosi rioni della Striscia hanno sentito, per la prima volta in settimane, un silenzio totale, assoluto. E da Israele i mezzi di comunicazione hanno confermato: da Gaza è iniziato un ritiro parziale delle truppe.

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