Europa

E' morto Oskar Groening, fu il contabile di Auschwitz

Condannato per aver collaborato all'uccisione di 300mila persone

Redazione Ansa

(di Rosanna Pugliese)
Era noto come 'il contabile di Auschwitz' ed è morto oggi in Germania Oskar Groening, 96 anni, condannato al carcere con l'accusa di essere corresponsabile della morte di 300 mila persone nel lager che fu il simbolo supremo della Shoah. Nel corso del suo processo, l'anziano sottufficiale delle SS aveva chiesto perdono, riconoscendo una responsabilità morale nell'olocausto. Ma aveva sempre detto di non essere un carnefice, tentando anche di ottenere la grazia: richiesta respinta a gennaio. La Procura di Hannover attribuisce la notizia della sua morte, avvenuta oggi in un ospedale, a una memoria del suo avvocato.

Groening era uno degli ultimi criminali nazisti ancora in vita. Negli anni '70 l'aveva fatta franca nel corso di indagini andate a vuoto, ma nel 2015 era stato condannato dal tribunale di Lueneburg a 4 anni di detenzione. Il ricorso per motivi di salute era stato respinto e per lui si erano aperte le porte del carcere. Il processo si concentrò stavolta sui 425 mila ungheresi deportati ad Auschwitz fra il maggio e il luglio del
1944. Groening era stato in servizio nel campo della morte per due anni. Contava i soldi degli ebrei trucidati e faceva da guardiano, anche alle loro valigie. "Groening non ha ucciso, non ha usato il Zyklon B. È stato a guardare. Prima scioccato, poi indifferente. Per lui divenne una routine", scrisse Spiegel sul suo caso. "Mi sento responsabile nei confronti del popolo ebraico, per il fatto di essere appartenuto ad una truppa che ha
commesso questi crimini senza che io ne fossi personalmente artefice. Chiedo perdono al popolo ebraico. E anche a Dio chiedo di essere perdonato", aveva detto al magazine che oggi ha dato notizia per primo del decesso.

Ma il processo di Groening fece scalpore anche per un altro elemento di assoluta novità: Eva Kor, ungherese sopravvissuta al lager nazista, perdonò pubblicamente il suo aguzzino. "Un atto di autoterapia e di autoliberazione", lo definì in un post sulla rete, scatenando molte polemiche. Gli altri non erano affatto d'accordo. "Non possiamo perdonare chi è stato responsabile di concorso in omicidio di 300 mila persone", disse un altro superstite presente nella stessa aula giudiziaria, replicando in modo netto. Le vittime su questo si divisero. E il processo divenne in qualche modo simbolo di una nuova fase della storia
del genocidio messo a punto dai criminali nazisti di Adolf Hitler, rivelando la necessità di alcuni sopravvissuti  dell'Olocausto di essere liberati anche dall'odio del carnefice.

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