Europa

La Spagna minaccia di arrestare il presidente catalano

Puigdemont non esclude dichiarazione unilaterale di indipendenza. Chiesa catalana si schiera col referendum

Carles Puigdemont

Redazione Ansa

 E' iniziato il conto alla rovescia nella crisi catalana a 5 giorni dal referendum del primo ottobre, che Madrid vuole impedire "ad ogni costo". In un clima incandescente, la prossima mossa potrebbe essere l'arresto di Carles Puigdemont. "Non sarebbe una buona idea", ha avvertito il presidente catalano, commentando l'ipotesi minacciata dal procuratore dello Stato spagnolo, José Manuel Maza. La Chiesa catalana intanto si schiera con il referendum. Oltre 420 ecclesiastici hanno chiesto al Papa di avviare una mediazione con Madrid che permetta lo svolgimento del voto e "fermi la repressione". "Dobbiamo dire 'no' alla repressione e 'sì' alla libertà", ha tuonato durante l'omelia nel Monastero di Montserrat, culla del cattolicesimo catalano, padre Sergi D'Assis Gelpi. Molti catalani paragonano il pugno duro di Madrid con la repressione subita durante il franchismo. Puigdemont ha detto che il premier Mariano Rajoy è "il guardiano della tomba di Franco". Per la presidente del parlamento Carme Forcadell, Madrid agisce "come sotto la dittatura". In Catalogna continuano ad arrivare i rinforzi della polizia spagnola, 6mila agenti. Oggi la Guardia Civil è entrata in 31 municipi catalani per requisire i manifesti di appoggio al referendum di indipendenza firmati dai sindaci, mentre proseguono gli interrogatori dei 712 sindaci catalani su 948 indagati perché pro-referendum.

La procura ha avvertito che chi non risponderà alle convocazioni sarà arrestato. Ma nonostante pressioni e intimidazioni, il 'Govern' continua a dire che domenica si voterà, in qualche modo. Prima Puigdemont garantiva che si sarebbe votato "come sempre". Ora "como sea, sea", ossia "come si potrà". La Guardia Civil ha già arrestato 14 dirigenti catalani, sequestrato 10 milioni di schede, le convocazioni ai seggi, quintali di materiale elettorale. E ora è a caccia delle urne. L'ex presidente Artur Mas - la Corte dei Conti oggi gli ha ordinato di pagare 5 milioni per la spese del referendum consultivo del 2014 - non a caso a un comizio ha fatto vedere che si poteva votare in un sacchetto di carta bianco. Il voto sarà per forza di cose artigianale. E Puigdemont ha chiarito che se non ci saranno presidenti ai seggi, "i primi arrivati li sostituiranno". Il pugno duro di Madrid sembra comunque aver mobilitato i catalani incerti. Il 61% ora assicura che andrà a votare, mentre l'82% si dice favorevole al referendum, vietato da Madrid in nome della costituzione post-franchista del 1978. Non sarà facile. Migliaia di agenti spagnoli - non è chiaro se con quelli catalani dei Mossos - cercheranno di impedire il voto. Puigdemont vuole "centinaia di migliaia" di catalani in coda davanti ai seggi. Come andrà a finire? Impossibile prevederlo. Inoltre Madrid teme una fuga in avanti di Puigdemont: che il 2 ottobre firmi una Dichiarazione unilaterale di indipendenza. Il 'president' non lo esclude più: se si farà deragliare il voto, ha avvertito, "qualcuno" potrebbe proporlo.

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