Europa

Ungheresi al confine serbo attendono il muro

Ad Asotthalom, 4 mila abitanti, ogni giorno arrivano 300 migranti

Redazione Ansa

Un piccolo canale nella campagna verde e rigogliosa, a qualche km da Asotthalom, segna uno dei punti del confine tra Ungheria e Serbia, che il governo di Viktor Orban, esasperato con l'Europa, ha deciso di sigillare per tutti i 175 km con un muro di 4 metri destinato a bloccare il flusso incessante di immigrati illegali che arrivano da sud, lungo la famigerata 'rotta dei Balcani'. Nell'erba alta calpestata sono visibili i segni di un passaggio recente di clandestini: calzini e altri capi di abbigliamento gettati via, lattine, cartacce, resti di cibo... "Qui la gente non ne può più e non vede l'ora che si costruisca il muro", ci dice Veronika Dobo, funzionaria del municipio di Asotthalom, paesino di quattromila abitanti a ridosso della frontiera con la Serbia, il cui sindaco, già andato via e che non riusciamo a incontrare, è vicino a Jobbik, il partito xenofobo anti-immigrati. "Ogni giorno - sostiene la funzionaria - qui arrivano dai 200 ai 300 immigrati irregolari, e la popolazione locale ritiene addirittura che non sia sufficiente erigere il muro. In tanti chiedono che vi sia anche un controllo di polizia costante e capillare lungo la frontiera". I migranti, aggiunge, si arrangiano in sistemazioni di fortuna, dormono all'aperto nei boschi, qualcuno riesce a fare lavori occasionali nelle campagne. "Ma sta crescendo sensibilmente anche il tasso di criminalità", afferma la funzionaria, che gentilmente chiede a un poliziotto di accompagnarci sul luogo in aperta campagna dove più frequenti sono i passaggi di migranti. Una stele di pietra bianca con su scolpita una 'M' (Magyarorszag) sta a indicare che si è in territorio ungherese. A poche decine di metri, al di la' del canale, la Serbia. Il ministero dell'Interno di Budapest è stato incaricato di definire entro mercoledì prossimo un piano dettagliato per la realizzazione del muro anti-immigrati, con relativi costi e reperimenti di materiali. Un muro che dall'altra parte del confine, in Serbia, viene visto come una autentica maledizione, un incubo in grado di far tornare il Paese ex jugoslavo di molto indietro, agli anni dell'isolamento e dell'embargo occidentale. Proprio ora che Belgrado, con le riforme e il miglioramento dei rapporti con Pristina, viaggia spedita sulla strada dell'integrazione europea. La Serbia del resto, in conseguenza delle guerre degli anni novanta, ha dovuto accogliere essa stessa in passato 350 mila profughi dalla Croazia e 250 mila dal Kosovo. Molti dei quali sono ancora ospitati in campi per rifugiati sparsi per il Paese. Ieri, il premier Aleksandar Vucic, si è detto "sorpreso" e "scioccato" per l'annuncio della costruzione del muro fatto dal ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto. "Siamo forse noi responsabili della crisi in Siria, dell'Isis? Del problema dei curdi? Forse dovremmo costruire anche noi dei muri alle frontiere con Macedonia e Bulgaria? Ma la soluzione non è costruire barriere", ha detto Vucic, che intende affrontare il problema direttamente con il premier ungherese Viktor Orban.

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