Africa

Ex nemici Etiopia ed Eritrea firmano storica intesa in Arabia Saudita

Il nuovo trattato cementa il processo di pace che mette fine a 20 anni di guerra mai risolta

Il presidente eritreo (sinistra) e il premier etiopico Abiy Ahmed (destra) si danno la mano a Gedda

Redazione Ansa

Etiopia ed Eritrea cementano il nuovo corso di pace. Il presidente eritreo Isaias Afwerki e il premier etiopico Abiy Ahmed, leader dei due Paesi arcinemici che hanno combattuto 30 anni di sanguinosa guerra d'indipendenza eritrea e poi, a cavallo del millennio, altri due anni di conflitto con oltre mezzo milione di morti, descritti da vari osservatori come "le due Coree del Corno d'Africa", hanno firmato oggi a Gedda, in Arabia Saudita, un nuovo trattato.

A vegliare sullo storico evento l'ospite di casa, il re saudita Salman, che ha mediato il processo di pace insieme agli Emirati arabi, il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, e il presidente della Commissione dell'Unione africana, Moussa Faki Mahamat. L'Intesa di Gedda prevede "il ripristino di normali relazioni fra i due Paesi, sulla base degli stretti legami geografici, storici e culturali fra le nazioni e i rispettivi popoli", ha fatto sapere un comunicato saudita.

La firma di Gedda è la quarta tappa di un processo di pace iniziato in primavera, con il primo, vero atto di disgelo che fu l'evento storico dell'abbraccio fra Ahmed e Afwerki ad Asmara. Seguì, il 9 luglio, sempre nella capitale eritrea, la firma della Dichiarazione congiunta di Pace e Amicizia, con il ripristino delle relazioni diplomatiche e il riavvio del commercio. Cioè, la fine formale dello stato di guerra, mai realmente chiuso malgrado una pace nominale firmata nel 2000 fra lo stesso Afwerki e l'allora premier etiope Meles Zenawi. Uno stato di guerra mai chiuso per dispute territoriali, fra le quali la pretesa etiopica di sbocco al mare, a cui non si è mai venuti a capo, soprattutto per il rifiuto di Addis Abeba di accettare la demarcazione dei confini dettata dall'Onu.

Di recente si sono riaperte le comunicazioni telefoniche e i voli. Pochi giorni fa, infine, l'11 settembre, la frontiera è stata riaperta e tante famiglie divise si sono potute riabbracciare dopo 20 anni. E una prima nave registrata in Etiopia è attraccata in Eritrea.

Un disgelo che si deve in larga parte all'iniziativa del nuovo leader etiope, un politico 'illuminato': il 42enne Abiy Ahmed, ex ufficiale dell'esercito, ex casco blu dell'Onu in Ruanda durante la guerra civile e il genocidio dei Tutsi, ex dirigente dei servizi segreti, laureato ad Addis Abeba con specializzazione nella risoluzione di conflitti, è anche il primo capo del governo etiopico ad appartenere alla componente etnica degli Oromo, da sempre opposta a quella dominante dei Tigrini, che finora aveva espresso tutti i leader. Compreso l'ultimo, Hailemariam Desalegn, che si è lasciato dietro un periodi di acuta crisi economica e sociale. Ahmed, di famiglia mista cristiano-musulmana, è visto come l'uomo che può riunificare la nazione e portarla a una nuova fase di sviluppo. Istanze che richiedevano la fine della 'guerra fredda' con il vicino.

Isaias Afwerki Un nuovo corso che si riflette e illumina di nuova luce anche l'uomo forte di Asmara, Afwerki, primo e finora unico presidente in 25 anni di indipendenza del piccolo Paese di 5 milioni di abitanti, accusato di governare con il pugno di ferro in violazione di diritti umani e di aver provocato l'esodo di decine di migliaia di eritrei in Etiopia, che ha 100 milioni di abitanti in più, e verso l'Europa.

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