Africa

Kenya,il figlio di un funzionario del governo tra i terroristi della strage al campus

Pasqua dedicata agli studenti uccisi. Allerta sicurezza. JIhadisti minacciano, "non avrete pace finché le vostre truppe resteranno in Somalia"

Redazione Ansa

Scioccante scoperta nelle indagini sulla strage di Garissa:  uno dei terroristi che hanno attaccato il campus dell'università uccidendo quasi 150 studenti, soprattutto cristiani, è il figlio di un funzionario di governo. Lo ha reso noto la polizia.

Nelle chiese di tutto il Kenya - paese con una popolazione all'80% cristiana - oggi si piange e si prega per le 148 vittime del massacro compiuto dagli shabaab somali nel college di Garissa. La Pasqua è stavolta completamente dedicata agli studenti martirizzati, mentre in tutto il Paese comincia il primo dei tre giorni di lutto nazionale con le bandiere a mezz'asta esposte in tutti gli edifici pubblici, ma anche in luoghi di culti e case private.

E' massima allerta per le celebrazioni pasquali e per le chiese, considerate un possibile nuovo obiettivo dei miliziani islamisti che dicono di voler vendicare l'intervento militare del Kenya nella vicina Somalia. Molti luoghi di culto sono controllati dalla polizia e in diverse parrocchie - riferiscono siti kenyani - i sacerdoti hanno anche ingaggiato squadre di sicurezza private. Ieri, gli shabaab hanno minacciato "altri bagni di sangue" ed una "lunga e devastante guerra", a meno che il Kenya ritiri le sue truppe dalla Somalia.

La parrocchia cattolica di Garissa è piena di fedeli, anche se mancano all'appello tanti studenti uccisi dagli islamisti Shabaab nel massacro del vicino college. Qui però, l'atmosfera è particolare perchè la comunità cristiana di Garissa piange i suoi propri figli ed è cosciente di essere un obiettivo dell'estremismo islamico. Oggi le forze di sicurezza controllano il perimetro della chiesa di Nostra Signora della Consolazione, che circa tre anni fa venne attaccata da jihadisti che lanciarono bombe davanti all'altare e provocarono numerosi feriti. Quello stesso giorno, in una chiesa vicina, un altro attentato causò la morte di 17 persone. Alcune centinaia di fedeli hanno stamane affollato la messa di Pasqua, sfidando la paura ed hanno cantato, battuto le mani, pianto durante un rito carico di emozione. A Garissa, i cristiani sono in minoranza, diversamente dal resto del Paese, dove costituiscono l'80% della popolazione. I miliziani islamisti somali, nell'attacco al college, hanno separato i musulmani dai non musulmani ed hanno massacrato sopratutto quest'ultimi. La maggioranza dei 142 studenti uccisi è cristiana. "Grazie per aver partecipato così numerosi", ha detto il vescovo Joseph Alessandro, leggendo , prima della messa, messaggi di condoglianze arrivati da tutto il mondo.

Il Kenya rialza la testa dopo il massacro al college di Garissa con almeno 150 morti. "Risponderemo duramente agli Shabaab", i "terroristi saranno eliminati e non riusciranno a creare un Califfato in Kenya". Rivolgendosi a una nazione ancora sotto shock, con tono risoluto il presidente Uhruru Kenyatta ha promesso l'annientamento totale dei terroristi, definendo la strage di giovedì un "attacco all'umanità" e decretando tre giorni di lutto nazionale.

Intanto mentre i jihadisti hanno minacciato nuovi attacchi in Kenya ("riempiremo le città di sangue") e promesso che "la guerra sarà lunga e terribile", l'allerta terrorismo ha toccato anche la confinante Uganda. La polizia ha infatti rivelato di aver ricevuto informazioni che un attentato simile a quello perpetrato a Garissa è in corso di pianificazione. A Nairobi invece prosegue l'inchiesta delle autorità. Delle cinque persone arrestate oggi - ha rivelato il ministero per la Sicurezza Interna - tre sono state fermate mentre cercavano di fuggire nella vicina Somalia e sono legate a Mohamed Mohamud, conosciuto anche come Dulyadin Gamadhere e considerato il regista dell'attacco.

Sulla sua testa pende una taglia di 220mila dollari. Gli altri due sono un agente della sicurezza del college e un tanzaniano che si era nascosto nel soffitto dell'università e aveva con sé alcune granate prima di essere arrestato. Ma dall'inchiesta sono emerse anche le prime contraddizioni. Le autorità del Kenya, all'indomani dell'attacco, avevano reso noto che i quattro terroristi uccisi giovedì dalle forze dell'ordine avevano con sé degli esplosivi ed una volta colpiti dal fuoco dei reparti speciali erano "saltati in aria come bombe". Ma gli inquirenti oggi hanno precisato che i quattro non indossavano alcun giubbotto esplosivo e i loro corpi erano intatti. E non si placa l'ondata di sdegno e rabbia di molti kenyani che hanno accusato il governo di avere ignorato gli avvertimenti lanciati dagli stessi miliziani su attacchi imminenti. Mentre Garissa cerca di riprendersi dall'incubo, il dolore invade Nairobi, dove sono stati trasportati molti dei cadaveri recuperati dal campus.

Nella capitale i familiari delle vittime sono stati assistiti dagli operatori della Croce rossa in un compito non facile: l'identificazione dei cadaveri. L'ultimo bilancio parla di 148 morti, ma il numero potrebbe crescere. Risultano dispersi ancora moltissimi studenti. Oltre al dolore c'è spazio anche per una storia a lieto fine che ha visto protagonista una giovane ragazza, rimasta dopo l'assalto nascosta per due giorni dentro un armadio. La 19enne era così terrorizzata che è uscita dal suo nascondiglio solo dopo che un professore le ha assicurato che gli operatori della Croce Rossa, venuti a salvarla, non erano dei miliziani travestiti da agenti, come invece lei credeva.

Leggi l'articolo completo su ANSA.it