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L'impossibile ritorno a Khan Yunis distrutta - Il reportage

Macerie ovunque, manca tutto. Meglio restare a Rafah o in tenda

Khan Yunis

Redazione Ansa

Nonostante il desiderio di farlo, è praticamente impossibile tornare a vivere ora a Khan Yunis. La città è distrutta, un cumulo di macerie, le case e i negozi su entrambi i lati delle strade inceneriti, la polvere e i detriti rendono difficoltoso il passaggio. In più non ci sono acqua e elettricità, per non parlare della sanità. Meglio restare ancora a Rafah, racconta chi ha cercato di rientrare a casa dopo la speranza suscitata dall'annuncio del ritiro dell'esercito israeliano dalla città, un tempo roccaforte di Hamas.

    Sono circa 200mila i palestinesi che da Khan Yunis sono sfollati in questi mesi a Rafah spinti dalla guerra. Rajaa Al-Masry (22 anni), suo fratello Khaled (17) e la sorella più giovane Tahreer (14) hanno preso immediatamente la via del ritorno, imboccando la strada principale che porta alla città.
    Khaled dice all'ANSA che la loro casa è stata totalmente distrutta, ma che è tornato per vedere se riusciva a recuperare qualcosa: non ha trovato nulla e non gli è rimasto che aggirarsi nel vecchio quartiere. "A stento - racconta Tahreer - ho potuto riconoscere qualche posto sulla strada. Tutto è cambiato sulla strada principale, dove una volta c'erano le case e le moschee non c'è più nulla". Poi, tutti insieme, sono andati nella zona di Sheikh Naser e sono rimasti scioccati: non riuscivano a credere che quello era il posto dove erano cresciuti. "Ci vorranno 10 anni prima che venga ricostruito. Resteremo nelle tende fino a che avremo un rifugio ma - dice sconsolato Rajaa - non possiamo tornare indietro a Khan Yunis: niente scuole, niente strade, niente ospedali, niente di niente".

    Ad est della città, la strada di Salah Adin - l'asse viario più importante che taglia la Striscia dal valico nord di Erez fino a Rafah al sud - è anch'essa distrutta e piena di macerie.
    Sul marciapiede Kholoud Qwaider, assieme alla sorella minore e alla figlia della sorella maggiore uccisa durante la guerra con il marito, è con gli altri davanti alla casa di famiglia nel quartiere di Maain, nella parte orientale di Khan Yunis.

    Raccontano di essere riusciti a recuperare alcuni vestiti, qualche pentola e tazze da cucina. Anche Kholoud - che ama fare foto e vorrebbe diventare una fotogiornalista - dice che è impensabile per il momento tornare in città. Oggi i servizi di pronto soccorso hanno cercato di recuperare 20 corpi da sotto le macerie chiedendo alle ong di fornire mezzi pesanti per trovare "le centinaia di persone che si dice siano ancora disperse e che si trovano sotto i detriti delle loro case". Gli ospedali locali - il Naser, l'Al-Amal della Mezzaluna Rossa e anche l'Al-Salam, "attaccati varie volte durante la guerra" - non sono in funzione. Per questo le persone cercano di prendere vestiti e quello che possono da ciò che rimane delle loro case e poi tornano a Rafah o nelle tende, dove rimarranno finché Khan Yunis non sarà tornata in vita. (ANSA).
   

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