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Ucciso in un attacco il poeta palestinese Alareer

Paragonò l'assalto di Hamas alla rivolta del ghetto di Varsavia

Refaat Alareer

Redazione Ansa

 "Se dovessi morire... che questo porti speranza, che questo sia un racconto". Inizia e finisce così la lirica postata dal poeta palestinese Refaat Alareer su X, e divenuta virale, pochi giorni dopo l'inizio dell'offensiva di terra israeliana a Gaza. Versi che guardano più lontano della prigione a cielo aperto della Striscia, che parlano di vita e di futuro, oltre la guerra del presente. Il poeta aveva promesso di "gettare la (sua) penna in faccia ai soldati" come ultima risorsa se la sua casa fosse stata presa d'assalto, raccontano i suoi amici. Ora Alareer è morto sotto le bombe di Israele, hanno annunciato i familiari, e di lui rimangono pagine, ricordi e polemiche.

Come quella scatenata da una sua intervista alla Bbc quando aveva definito l'assalto di Hamas nel sud di Israele "legittimo e morale" paragonando il massacro del 7 ottobre alla rivolta del ghetto di Varsavia. O come quando aveva affermato che "tutte le accuse di stupro e violenza sessuale (da parte dei miliziani, ndr) sono bugie. Israele le usa come cortine fumogene per giustificare il genocidio di Gaza".

Della gente di Gaza il poeta, che insegnava letteratura inglese all'Università islamica ed era considerato uno dei leader della generazione dei nuovi autori della Striscia, cercava di raccontare la vita. E' stato uno dei cofondatori del progetto 'We are not number', che mette insieme autori di Gaza a mentori all'estero che li aiutano a scrivere storie in inglese sulle loro esperienze. Aveva curato il volume 'Gaza writes back', cronache della vita a Gaza di giovani scrittori palestinesi, e pubblicato 'Gaza unsilenced'. "Il mio cuore è spezzato, il mio amico e collega Refaat Alareer è stato ucciso con la sua famiglia", ha scritto su Facebook il poeta di Gaza Mosab Abu Toha. "L'assassinio di Refaat è tragico, doloroso e oltraggioso. È una perdita enorme", ha postato su X il suo amico Ahmed Alnaouq, giornalista palestinese basato a Londra, e anche il sito americano Literary Hub gli ha reso omaggio.

Aveva scelto di restare a casa sua, nel nord di Gaza, nonostante i massicci bombardamenti israeliani e nonostante gli avvertimenti di parenti e amici. "Sono solo un accademico, un civile, a casa. Non me ne vado", aveva detto a un suo amico, Mohamed Al Arair, insegnante di storia a Shejaiya, a est di Gaza City, che l'ha raccontato all'Afp. "Refaat aveva solo una penna", dicono familiari e amici di questo intellettuale appassionato di Shakespeare. Che sui social il 4 dicembre scriveva: "Siamo avvolti in spessi strati di polvere da sparo e cemento". Poche, scarne parole, per descrivere senza retorica l'inferno di Gaza. Le ultime. 

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