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Kiev avanza su Kherson ma teme una trappola dei russi

Zelensky: "Se Mosca fa saltare la diga dichiara guerra al mondo"

Redazione Ansa

Rischiava di essere il campo di battaglia di uno scontro fondamentale per le sorti della guerra. Invece i russi si sono ritirati da Kherson, concedendo la città bastione degli occupanti alle truppe di Kiev che, chilometro dopo chilometro, avanzano tra villaggi fantasma e luoghi martoriati dalle bombe, verso l'unico capoluogo regionale che era stato conquistato dalle forze russe dall'inizio dell'invasione in Ucraina.

Ma se Mosca conferma che lo spostamento delle truppe dalla riva destra a quella sinistra del Dnepr "è in corso", Kiev non canta ancora vittoria. E anzi teme una trappola: la Russia sta minando Kherson per trasformarla in una "città di morte", ha accusato il consigliere del presidente ucraino Zelensky, Mykhailo Podolyak. Perché dopo aver distrutto i ponti, i russi "minano tutto quello che possono, dagli appartamenti alle fogne". E "l'artiglieria sulla riva sinistra" del fiume "intende trasformare la città in macerie".

Il presidente Zelensky si sta muovendo "con molta attenzione" sull'annuncio del ritiro russo. Perché "il nemico non fa regali", anzi. Secondo gli analisti militari, la Russia potrebbe cercare di far saltare in aria la diga di Kakhovka per coprire la ritirata. Un'ipotesi catastrofica, perché perdere la diga significherebbe inondare il territorio ucraino e prosciugare la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Una "dichiarazione di guerra al mondo intero", secondo il leader ucraino.

Per l'intelligence britannica, la perdita della sponda occidentale di Kherson spegne l'aspirazione di Mosca di realizzare un ponte verso Odessa. Ed è probabile che il ritiro degli occupanti avvenga nell'arco di diversi giorni, con posizioni difensive e fuoco di artiglieria a copertura. Se da una parte Kiev mostra cautela, le forze armate ucraine parlano comunque di "un risultato frutto della nostra offensiva", che trova conferme nelle conquiste sul terreno. Come la liberazione di 12 villaggi nell'omonima regione di Kherson e quella dell'intera regione di Mykolaiv. Mentre la Cnn riferisce che truppe ucraine sono entrate nella città di Kyselivka, a soli 15 chilometri dalla città sul Dnepr.

"Se i russi abbandoneranno Kherson sarà un'altra vittoria per l'Ucraina", ha intanto commentato il segretario della Nato, Jens Stoltenberg, che a Roma ha incontrato la premier Giorgia Meloni. La Turchia ha definito "un passo positivo" la decisione di Mosca di lasciare la città, mentre l'Unione Europea legge il ritiro come una conferma che il sostegno a Kiev e le sanzioni stanno funzionando.

Sul fronte diplomatico, c'è chi sostiene che il ritiro da Kherson possa spingere Mosca a sedersi a un tavolo per raggiungere una soluzione negoziata del conflitto. Gli occhi sono puntati sul G20 della prossima settimana a Bali, al quale non sarà presente il presidente Putin, mentre andrà il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov. In programma ci sono diversi incontri bilaterali, ma non è chiaro se riguarderanno o meno un possibile negoziato per il cessate il fuoco.

E mentre si attende la pace, si prepara ancora la guerra: Kiev ha annunciato la costruzione di un sistema di difesa rafforzato per la capitale e Zelensky ha confermato il sostegno canadese e britannico alla difesa in colloqui telefonici con i rispettivi premier, Justin Trudeau e Rishi Sunak. Gli Stati Uniti hanno poi annunciato che invieranno altri aiuti militari: 400 milioni, hanno quantificato fonti della Casa Bianca. Ma secondo il Wall Street Journal, tra le forniture non ci saranno i droni avanzati Grey Eagle MQ-1C, che Washington si sarebbe rifiutata di consegnare per evitare ulteriori escalation con la Russia.

I mesi passano, parole come dialogo, tregua e negoziato si rincorrono. Ma intanto in Ucraina si continua a morire: più di 100.000 soldati russi sono stati uccisi o feriti dall'inizio dell'invasione, e le perdite sono probabilmente dello stesso ordine da parte ucraina. E il conflitto mostra la sua disarmante desolazione nelle città fantasma ucraine, abbandonate da ogni forma di vita per mettersi in salvo dalla pioggia di bombe e proiettili. Nel villaggio liberato di Potiomkyne, nella regione di Kherson, "non c'è una sola casa ancora in piedi e non è rimasto quasi nessuno", ha riferito il capo dell'amministrazione militare regionale Yaroslav Yanushevych. "Prima ci vivevano 380 persone. C'erano 34 bambini, ora la loro scuola e l'asilo non ci sono più".

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