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Leopoli, la fabbrica si converte in centro aiuti - Il reportage

La Fackro faceva finestre, ora raccoglie cibo e farmaci

Redazione Ansa

Produceva finestre per tutta l'Ucraina ma aveva una buona parte di clienti anche nella vicina Polonia. E' la Fackro, fabbrica di eccellenza a Leopoli, che nei primi giorni della guerra si è messa a disposizione della Chiesa cattolica della città e di Caritas Spes per organizzare l'imponente macchina di aiuti che cerca di rispondere ai bisogni e di alleviare i dolori di una popolazione che dal 24 febbraio di quest'anno ha visto cambiare la vita.
    Padre Eduardo Kuava, francescano e vescovo ausiliare a Leopoli, racconta questa storia mostrandoci "da dove è partita", la cappellina della Curia. "Ero a pregare perché avevamo bisogno di aiutare e arrivavano anche i primi aiuti dall'estero. Ma dove metterli? Come trasportarli?". E lui, uomo di fede, legge come un segnale della "provvidenza", la telefonata di una giornalista polacca che alla fine dell'intervista gli chiede: come possiamo aiutarvi? "Le ho risposto che avevamo bisogno in realtà di cose impossibili, un grande magazzino dove smistare gli aiuti, dei tir per trasportare cibo, farmaci, vestiti e altri beni di prima necessità in tutto il Paese. E lei mi ha risposto che aveva un amico imprenditore qui a Leopoli". Era Ryszard Florek, il capo della ditta di finestre Fackro, in questi giorni ferma, come tante altre attività, a causa del conflitto.
    "Si è messo a disposizione, la fabbrica è diventata un magazzino dove arrivano aiuti dalla Polonia ma anche da Italia, Croazia, Slovenia, Germania, Francia, Gran Bretagna. Quindici dei dipendenti dell'azienda ora ci aiutano a tempo pieno. Sono arrivati anche dieci tir, affittati da benefattori polacchi, e in due mesi abbiamo già fatto 327 viaggi, soprattutto verso l'Est e il Sud del Paese, a Kiev, Kharkiv, Zaporija, Odessa".
    Una macchina gigantesca di aiuti perché la gente ha bisogno di tutto. Si calcola che a Leopoli ci siano "duecentomila sfollati interni, spesso sono partiti con i soli vestiti che avevano addosso e il passaporto" dice mons. Kuava parlando con l'ANSA nell'ambito della visita in diocesi della fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre.
    L'arcidiocesi cattolica di Leopoli attualmente ospita 4.300 persone, soprattutto mamme con i bambini. Sono stati messi a disposizione seminari, conventi e la casa del pellegrino che attualmente ha 170 "ospiti", come li chiamano i religiosi non volendoli chiamare profughi. "Abbiamo anche comprato i tablet per far seguire le lezioni ai ragazzi", spiega il francescano.
    Le scuole sono chiuse in tutta l'Ucraina non solo per la paura dei bombardamenti ma anche perché, nelle zone meno toccate dal conflitto, sono diventate centri di accoglienza e di raccolta degli aiuti. E pensare che in Ucraina la dad non era mai stata fatta neanche nei due anni di pandemia, a parte qualche settimana all'inizio dell'emergenza sanitaria. Ma da quando è scoppiata la guerra il Covid è "scomparso, abbiamo purtroppo altre cose più gravi a cui pensare", dicono i religiosi. 
   

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