Mondo

Dai bimbi ucraini foto e poesie per i papà al fronte

Palloncini in cielo per ricordare i genitori lontani

Piccoli ucraini con i disegni

Redazione Ansa

 "Non mi basta questo foglio per il bene che ti voglio". Un filastrocca, con un cuore rosso e dei palloncini colorati disegnati a fianco, come quelli che hanno fatto volare in cielo: così i bambini ucraini accolti della casa famiglia di Suor Paola a Roma hanno mandato gli auguri ai loro papà lontani, rimasti in Ucraina a combattere. Nella struttura alla periferia della Capitale, dove da anni Suor Paola aiuta chi ha bisogno, ad oggi ci sono anche 9 nuclei famigliari, scappati dalla guerra: mamme, nonni e 12 bambini. "Ho iniziato a tremare vedendo quelle persone smarrite che scappavano. Quando ho capito che stavano arrivando per rifugiarsi, ho pensato che potevamo aprire le nostre porte. Per caso ci è arrivato il primo nucleo di ucraine. Poi da quel momento abbiamo visto un continuo via vai di gente che arrivava piangendo, senza sapere dove andare.
    Qualcuno aveva viaggiato 3 o 4 notti, aspettando per giorni alle frontiere", ha detto suor Paola all'ANSA, raccontando appunto che il lavoro è tanto, come tante sono le persone che le stanno chiedendo aiuto. Con i volontari si sta provvedendo alla cura di chi arriva, facendo fare i vaccini, i documenti necessari alla permanenza, pensando anche ad organizzare la loro vita qui, trovando un lavoro e mandando a scuola bimbi e ragazzi. Per ospitare altri profughi anche la struttura di Monte Mario di 'So.Spe, solidarietà e speranza', verrà adibita per accogliere e far dormire chi sta arrivando.
    Oggi nel giorno della festa di San Giuseppe, i volontari con i bambini e le mamme, hanno quindi deciso di dedicare questa giornata ai papà lontani, con palloncini lanciati in aria, come per raggiungere chi è lontano, poi una messa e l'accensione delle candele. Un pensiero quindi per chi sta lì a combattere in Ucraina, ma anche per quei genitori che purtroppo sono morti sotto le bombe. "'Ma tu mi puoi tenere qua in Italia? Io li ho perso tutto. Non ho più la mia casa né i miei genitori'. Così mi ha detto un bimbo di appena otto anni", dice Suor Paola. "Una forza della natura - racconta - appena vede una persona la studia e poi la abbraccia". Di storie così, purtroppo, ce ne sono molte: "Per loro la più grande sofferenza è non sapere quale sarà il futuro, ma hanno anche la speranza che questa guerra finisca presto". Per il momento Suor Paola ha pensato a tutto quello che poteva fare, aprendo così le porte della propria casa e mettendo in campo la sua esperienza nella rete dell'accoglienza. Cercando di regalare un po' di normalità a chi l'ha dovuta lasciare dietro di sè. 
   

Leggi l'articolo completo su ANSA.it