Mondo

Qui Londra, Boris d'Arabia cerca sponde a Riad

Strategia anti-russa Gb è "passare da un dittatore all'altro"?

Boris Johnson

Redazione Ansa

L'Occidente deve liberarsi al più presto dal "ricatto energetico" della Russia di Vladimir Putin dopo "la barbara invasione" dell'Ucraina. E' il mantra con cui Boris Johnson giustifica il senso della missione intrapresa oggi, con un salto in avanti rispetto ad altri leader occidentali, per provare a riannodare i rapporti con l'Arabia Saudita del feroce principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs): alla cui corte il premier Tory britannico si è presentato in queste ore dopo aver ricevuto a Londra l'emiro del Qatar e visitato a domicilio i reali di Abu Dhabi, tutti alleati storici dalle opache credenziali sui diritti umani, ma i cui giacimenti di petrolio e gas appaiono al momento più vitali che mai come alternativa a quelli di Mosca. "L'aggressione assolutamente non provocata che il presidente Putin ha scatenato contro Kiev avrà conseguenze di vasta portata per il mondo, ben oltre i confini dell'Europa" e "sta già causando incertezza globale e un incremento del prezzo del greggio", ha spiegato BoJo arrivando a Riad dagli Emirati Arabi Uniti. Il suo obiettivo in fin dei conti è lo stesso che il presidente americano Joe Biden aveva tentato di raggiungere nelle settimane scorse, ricevendo inizialmente una mezza porta in faccia: riallineare gli interessi delle monarchie del Golfo a quelli dei tradizionali alleati occidentali (Washington e Londra in testa), e compensare in parte il peso degli idrocarburi russi con un aumento delle estrazioni.

Scommessa tutta da realizzare in una fase in cui Riad - irritata con gli Usa per tutta una serie di motivi, non ultima la ripresa dei negoziati con l'Iran - pare semmai esplorare secondo i media anglosassoni la possibilità di sdoganare i pagamenti petroliferi in yuan, invece che in dollari, con una mossa strategicamente gradita alla Cina e in qualche misura pure a Mosca. Mentre a fare ombra sulla missione del 'Boris d'Arabia' si levano inoltre le polemiche sul curriculum saudita in materia di guerre e diritti umani: giudicato da più parti non molto più brillante di quello russo, alla luce di esempi quali il brutale omicidio del giornalista d'opposizione Jamal Khashoggi nel 2018, la raffica recente di esecuzioni capitali o la violenza dei bombardamenti sullo Yemen. Temi che Johnson giura d'aver affrontato con Mbs e gli altri interlocutori arabi, ma che il leader dell'opposizione laburista Keir Starmer gli rinfaccia come ostacoli insuperabili, e non solo a livello di credibilità: poiché "passare con il cappello in mano da un dittatore a un altro dittatore non è una strategia energetica".

Leggi l'articolo completo su ANSA.it