Asia

Afghanistan, Usa: talebani colpevoli esecuzioni ex agenti

Omicidi e sparizioni denunciati dalle ong

Redazione Ansa

Gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali hanno accusato ieri sera il regime talebano di "esecuzioni sommarie" di ex membri delle forze di sicurezza afghane, rivelate da organizzazioni per i diritti umani.
    "Siamo profondamente preoccupati per le notizie di esecuzioni sommarie e sparizioni forzate di ex membri delle forze di sicurezza afghane, come documentato da Human Rights Watch e altri", hanno affermato circa 20 paesi tra cui Unione Europea Regno Unito e Giappone in un comunicato pubblicato dal Dipartimento di Stato americano.
    "Sottolineiamo che le presunte azioni costituiscono gravi violazioni dei diritti umani e contravvengono all'amnistia annunciata dai talebani", ha affermato il gruppo di alleati invitando la nuova leadership afghana a garantire che l'amnistia sia applicata e "mantenuta in tutto il Paese e in tutti i suoi ranghi". Pronta la replica dei talebani: il portavoce del ministero dell'Interno, Qari Sayed Khosti, ha detto che si tratta di accuse "senza prove, infondate, le rigettiamo". La morte di alcuni ex militari, sottolinea il portavoce in un videomessaggio alla stampa, è da imputare "a rivalità personali" e non ha una pratica sistematica posta in essere dai nuovi padroni di Kabul. Se ci sono prove "le mostrino", ha concluso.
    Questa settimana l'ong Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto che documenta "uccisioni o sparizioni di 47 ex membri delle forze di sicurezza nazionali afgane che si sono arresi o sono stati arrestati dalle forze talebane tra il 15 agosto e il 31 ottobre. Tra le vittime ci sono personale militare, polizia, agenti dell'intelligence e miliziani".
    Per Washington e i suoi alleati, "i casi segnalati devono essere indagati tempestivamente e in modo trasparente, i responsabili devono essere chiamati a risponderne e questi passaggi devono essere chiaramente annunciati per fungere da deterrente immediato per ulteriori omicidi e sparizioni".
    Oltre agli Stati Uniti e all'Unione Europea, i firmatari del comunicato sono Germania, Australia, Belgio, Bulgaria, Canada, Danimarca, Spagna, Finlandia, Francia, Giappone, Macedonia del Nord, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Regno Unito, Svezia, Svizzera e Ucraina.

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