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Marò: parlano le mogli di Latorre e Girone, 'Ora verità, per noi la dignità conta'

'Risarcimento non per responsabilità ma per sentenza politica'

Vania Ardito (D), moglie di Salvatore Girone, e Paola Moschetti, moglie di Massimiliano Latorre - Foto di archivio

Redazione Ansa

 "Il messaggio che sta passando è che ora tutto sia finito, ma ieri è stato semplicemente applicato quanto prevedeva la sentenza del tribunale dell'Aja, che verrà poi ratificata nell'udienza del 19 aprile. Ora, però, inizierà la fase processuale in Italia che noi speriamo porti alla verità, perché per noi la dignità conta più di qualunque altra cosa: non può finire così". Lo ha detto all'ANSA Paola Moschetti, moglie del fuciliere di Marina Massimiliano Latorre, commentando la decisione della Corte suprema indiana, pronta ad archiviare il dossier quando l'Italia avrà versato circa un milione di euro alle famiglie dei pescatori uccisi.
    Latorre e il commilitone Salvatore Girone sono accusati di aver ucciso nel 2012 due pescatori indiani, al largo delle coste del Kerala, mentre erano a bordo della nave commerciale italiana Enrica Lexie per una missione antipirateria. Dopo l'accordo sull'ammontare del risarcimento dell'Italia alle vittime, circa 1,1 milioni di euro, ieri la Corte suprema di New Delhi ha dato l'ok all'archiviazione del caso appena la somma sarà versata.
    "Ora, dopo 9 anni - prosegue Paola Moschetti - si apre una nuova fase che speriamo sia breve: non possiamo perdere altri dieci anni della nostra vita per arrivare alla verità dei fatti".
    "Inoltre - conclude Moschetti - vorrei aggiungere che tutte le notizie sugli ultimi sviluppi le abbiamo apprese dalla stampa e da nessun altro". 

 "Della sentenza del tribunale dell'Aja guardiamo l'elemento essenziale, ovvero la riconoscenza dell'immunità funzionale e quindi della giurisdizione italiana che consentirà ai due fucilieri di poter dimostrare la loro innocenza dinanzi al tribunale italiano". Lo dice all'ANSA Vania Ardito, moglie del fuciliere di Marina Salvatore Girone. "Il compenso dovuto agli indiani - prosegue - non è un risarcimento per responsabilità dei nostri militari, ma è dovuto dalla sentenza 'politica' del tribunale dell'Aja per trovare un giusto compromesso per entrambi le parti. Lo preciso perché nessuna figura istituzionale lo ha mai specificato". 
   

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