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Draghi: 'Erdogan un dittatore'. Weber: 'Ha ragione, la Turchia non è libera'

Il presidente del Ppe condivide le considerazioni del premier sulla Turchia e sul trattamento ricevuto da Ursula von der Leyen ad Ankara

Redazione Ansa

"Il primo ministro Draghi ha ragione, sotto la guida del presidente Erdogan la Turchia si è allontanata dallo stato di diritto, dalla democrazia e dalle libertà fondamentali nell'ultimo decennio". Così il presidente del gruppo del Ppe Manfred Weber in una dichiarazione inviata ai media italiani. La Turchia "non è un Paese libero per tutti i suoi cittadini - ha aggiunto Weber - se l'Europa vuole costruire un partenariato costruttivo con Paesi come la Turchia, ed è nel nostro interesse strategico farlo, dovremmo parlare chiaramente e onestamente dei fatti sul campo". 

"La Turchia è un Paese che ha un parlamento eletto e un presidente eletto, verso il quale nutriamo una serie di preoccupazioni e con il quale cooperiamo in molti settori. Si tratta di un quadro complesso ma non spetta all'Ue qualificare un sistema o una persona". Lo dice un portavoce della Commissione Ue rispondendo alla domanda se Bruxelles condivida il giudizio del premier Mario Draghi che ha definito Erdogan un dittatore. Le preoccupazioni nutrite dall'Ue verso Ankara, aggiunge, "riguardano la libertà di espressione, i diritti fondamentali, la situazione del sistema giudiziario"

Non si placa, infatti, la bufera sul 'sofagate' al palazzo presidenziale di Ankara, e diventa uno scontro diplomatico tra l'Italia e la Turchia con tanto di convocazione dell'ambasciatore italiano. In serata è stato il premier Mario Draghi a usare parole durissime contro il leader turco. "Non condivido assolutamente Erdogan, credo che non sia stato un comportamento appropriato. Mi è dispiaciuto moltissimo per l'umiliazione che la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dovuto subire", ha premesso il presidente del Consiglio, per poi aggiungere: "Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono", ha sottolineato Draghi, "di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell'esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio".

Affermazioni che ovviamente hanno mandato i turchi su tutte le furie. L'ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, è stato convocato in tarda serata al ministero degli esteri di Ankara, dove il capo della diplomazia turca Cavusoglu gli ha espresso tutto il suo disappunto: ''Condanniamo con forza le affermazioni senza controllo del primo ministro italiano nominato Mario Draghi sul nostro presidente eletto", ha detto a brutto muso Cavusoglu.

"Sto per sentire Draghi e concorderemo tutte le iniziative", ha detto il ministro degli esteri Luigi Di Maio in collegamento da Bamako, in Mali, con la trasmissione Dritto e Rovescio su Rete4, alla richiesta di commentare lo scontro diplomatico. "Prima ancora del protocollo si tratta di un minimo di galanteria", ha risposto Di Maio all'osservazione che il presidente Erdogan non era stato "gentile" a lasciare senza sedia la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

In mattinata, dopo il fuoco di fila di accuse, la Turchia era uscita allo scoperto e aveva rimandato al mittente le critiche sul 'machismo protocollare' di Erdogan, che agli occhi dell'Europa si sarebbe compiaciuto nel lasciare in disparte von der Leyen, riservando a Charles Michel la poltrona al suo fianco. "Accuse ingiuste. Durante l'incontro è stato rispettato il protocollo". Gli staff di Turchia e Ue "si sono incontrati prima della visita e le loro richieste sono state soddisfatte", è stata la versione del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu.

Ma il rimpallo di responsabilità continua. Allo staff del cerimoniale, ha insistito Bruxelles, è stato negato il sopralluogo definitivo. Come se non bastasse, è emerso oggi che al pranzo ufficiale della visita si è rischiato un altro clamoroso incidente: il tavolo era apparecchiato per 5 persone su ciascun lato, con due poltrone d'onore di fronte, una per Michel e l'altra per Erdogan, mentre a Von der Leyen era stata riservata una sedia più piccola, alla destra di Michel. Uno sgarbo evitato solo in extremis. Ad accompagnare Michel al tavolo c'erano poi due consiglieri diplomatici, mentre von der Leyen era stata lasciata sola. Un pasticcio anche qui tamponato all'ultimo, aggiungendo una sedia per un membro del suo staff.

E persino la foto istituzionale escludeva inizialmente la presidente della Commissione, richiamata alla fine, secondo un documento interno del Consiglio, su "suggerimento" di Michel. "In questa situazione, ci saremmo aspettati che i due ospiti si fossero accordati tra loro", hanno spiegato all'ANSA fonti governative turche, facendo trapelare l'immagine di leader Ue che sgomitano per apparire al centro della scena.

Ma la giustificazione sul rango formalmente superiore di Michel non soddisfa. In termini di protocollo, ha sottolineato il portavoce dell'esecutivo Ue, Eric Mamer, i "presidenti della Commissione e del Consiglio europeo sono trattati nello stesso modo". Resta in ogni caso il peso simbolico della questione di genere. Nel colloquio con Erdogan, ha sottolineato Bruxelles, von der Leyen ha parlato della Convenzione di Istanbul contro la violenza di genere, "e dei diritti delle donne".

Le ricostruzioni rendono comunque sempre più scomoda la posizione di Michel, che anche è tornato a "deplorare" l'accaduto parlando di "immagine disastrosa". Ora dopo ora, cresce il fronte che ne invoca le dimissioni.

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