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Gb al voto: i duellanti, Cameron e Miliband

Leader dei Tory e del Labour

Redazione Ansa

David Cameron e Ed Miliband sono i due protagonisti del voto britannico del 7 maggio, alla guida dei Tory e del Labour, ma devono fare i conti con il ridimensionamento dei due storici partiti dominanti del Regno Unito. E devono farlo difettando entrambi - nel giudizio di molti osservatori - di un carisma trascinante.

DAVID CAMERON e' il premier uscente. Il 48enne leader conservatore è alla prova dei fatti dopo il suo primo mandato.
    Ha mostrato negli ultimi cinque anni di poter traghettare il Paese fuori dalla recessione economica e per questo ha conquistato punti di popolarità. Ma è stato anche duramente criticato per l'austerità imposta al Paese, definita da alcuni ''lacrime e sangue'', che ha ridotto il welfare e causato malcontento tra le fasce più basse della popolazione. Ha dichiarato che si vuole limitare a un solo bis e che non inseguirà il terzo mandato. Nella sua carriera si è ispirato più volte a Margaret Thatcher, anche riproponendo in chiave attuale alcune riforme introdotte dalla 'Lady di Ferro'. Ma senza appassionare le folle. L'attuale premier vuole far passare l'idea che i conservatori possano diventare il ''partito della gente che lavora''. Tentativo che gli avversari laburisti attaccano. Per loro egli resta un privilegiato formatosi nelle scuole e università più esclusive del Paese, tra Eton e Oxford, che al governo si e' mostrato ''debole coi forti e forte coi deboli''.

ED MILIBAND è il leader del partito laburista. A 45 anni è alla sua prima battaglia come capo dell'opposizione, ma per lui la posta in gioco è già altissima: un fallimento potrebbe comprometterne l'intera carriera politica. Diventato leader dopo aver sconfitto - lui, erede di Gordon Bronwn - nelle elezioni interne al partito il fratello David, ex ministro degli Esteri di scuola blairiana, deve mostrare di avere quella capacita' di leadership e quegli ''attributi'' che secondo molti osservatori non possiede ancora. E' stato criticato dal "padre" del New Labour, Tony Blair, per aver riportato i laburisti su posizioni considerate datate e (relativamente) piu' a sinistra. E' tuttavia convinto di avere le carte in regola per entrare a Downing Street. Evoca una ''società più giusta'' per tutti, ha criticato aspramente l'austerity e i tagli al welfare di Cameron e crede - almeno a parole - in un'economia meno piegata a banche e multinazionali. Tra i cambiamenti che ha introdotto nel partito spicca pero' anche un approccio piu' rigido sull'immigrazione, non più considerato come tabù. 

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