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Gaza: Ritorno a Sajaya, tra macerie e odore morte

Madre incinta perde vita sotto le bombe, la figlia sopravvive

Redazione Ansa

Le fotografie scattate da Sami el-Ajrami quando ha accompagnato Islam Ibhar nella sua casa di Sajaya

di Sami al-Ajrami
''Innanzi tutto spero di recuperare il mio passaporto, i quaderni, i libri, i diplomi. Poi, dopo una settimana che viviamo da sfollati, credo che finalmente mi concedero' una doccia''. Era ottimista Islam Ibhar, una universitaria di 25 anni, quando oggi - approfittando di una tregua umanitaria di 12 ore - ha finalmente lasciato una scuola di Gaza dove e' sfollata domenica assieme con la famiglia, in fuga dalla devastante battaglia del rione Sajaya (oltre 60 morti, centinaia di feriti).

Le case dei vicini, ha appreso nel frattempo, sono state colpite. Quella degli Ibhar risultava essere ancora in piedi. Col cuore in gola, alle 8.30 del mattino, Islam ha lasciato il rione Tel al-Hawa diretta verso Sajaya. Normalmente il tragitto richiede 15 minuti. Ma subito e' apparso evidente che, esattamente come lei, anche altri 50 mila abitanti di Sajaya erano confluiti verso le loro abitazioni, creando ingorghi nelle tre strade principali: la Nazaz, la Baghdad, e la Manzura. Da principio l'entita' dei danni non sembrava eccezionale. Ma man mano che ci si addentrava nel quartiere, avvicinandosi dunque al confine con Israele, la sensazione era di trovarsi in una zona colpita da un sisma. Nell'aria si respirava la morte. Decine di corpi in decomposizione sarebbero stati recuperati sotto le macerie nel corso della mattinata. In tutti i visitatori prevaleva una sensazione di shock. Molti assistevano in silenzio alle operazioni di rimozione della macerie. Passando per vie traverse Islam nel frattempo e' giunta alla meta. Le informazioni raccolte erano precise: la casa dello zio era effettivamente ridotta in macerie. Ma oltre un vicoletto, la sua poteva dirsi intatta: anche se su una parete esterna un razzo aveva aperto un foro di due metri.

''I vestiti, i mobili, non mi interessano. Mi premono solo i miei libri'' ha detto Islam. Ma all'interno dell'appartamento tutto era stato sconvolto da esplosioni. Nell'aria si respirava l'odore acre di polvere da sparo. I diplomi, i quaderni, i diari: tutto era andato distrutto, fatta eccezione del passaporto che era in una borsa. Il bagno era pure distrutto. E il tempo stringeva, perche' in ogni momento un incidente locale avrebbe potuto innescare il fuoco dell'artiglieria israeliana. Su un'automobile Islam ha caricato in fretta alcuni materassi, vestiti di ricambio, libri e quaderni per i fratelli minori che - ora che vivono da sfollati - devono pur essere intrattenuti in qualche modo. Nella scuola che li ospita, vivono dell'assistenza di organizzazioni umanitarie e di persone di buon cuore che portano loro pasti caldi. Prima di lasciare la casa, salita sul tetto, Islam ha dato un ultimo sguardo al rione dove e' cresciuta.

Attorno a lei, su 360 gradi, solo detriti, distruzione e morte. Nel frattempo in un'altra zona di Gaza, la localita' di Deir el-Balah, un dramma umano ha fatto intravedere alla popolazione della Striscia un barlume di speranza. Nell'ospedale dei Martiri di al-Aqsa (gia' severamente colpito la settimana scorsa da bombe israeliane) i medici sono riusciti a far nascere - con un parto cesareo - una bimba e a tenerla miracolosamente in vita, mentre la madre era ormai morta poco prima in un bombardamento israeliano.

Il dramma e' iniziato nella notte fra giovedi e' venerdi' quando la abitazione di Ibrahim Sheikh-Al, nel campo profughi di Deir el-Balah, e' stata investita dall'onda d'urto di due bombe sganciate da aerei da combattimento F-16. L'uomo, di 28 anni, e' stato ferito mentre la moglie, Shaima (23 anni) e' rimasta imprigionata sotto le macerie. Per circa un quarto d'ora e' stata data per dispersa. Mentre la zona si trovava immersa nelle tenebre, alcuni vicini sono riusciti a recuperare il corpo della giovane donna, che ormai non respirava piu', e a trasportarlo all'ospedale locale. In circostanze disperate i medici si sono prodigati per salvare almeno la piccola che Shaima portava in grembo. La bambina e' stata subito chiusa in un'incubatrice, nella convinzione che difficilmente sarebbe rimasta in vita. Invece oggi la equipe medica e' apparsa più ottimista e ha informato il padre che, con oggi probabilita', la figlia di Shaima sopravvivera'.

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