Economia

Carlo Robiglio, noi piccola industria e la paura di non riaprire

Anche amarezza, solitudine. Ora ripartire. E nulla sarà come prima

Redazione Ansa

   "La consapevolezza del rischio di non poter riavviare l'impresa, di non poter garantire i posti di lavoro in futuro. La paura, le notti insonni a pensare: se chiudo…". Ma anche "sentirsi soli, non compresi, messi sul banco degli imputati: gli imprenditori della piccole media impresa lo hanno vissuto malissimo. E' la cosa più brutta di questi giorni".

  Carlo Robiglio è il presidente della Piccola Industria di Confindustria, il 98% delle aziende associate di via dell'Astronomia Ha vissuto il suo ruolo accanto alle imprese delle aree terremotate per parlare di resilienza, "ripartire cambiando per diventare più forte"; Porta avanti il modello di un "imprenditore sociale, pilastro di una comunità, che restituisce al territorio ciò che dal territorio ha ricevuto". "Abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare per questo. Non solo non ti viene riconosciuto ma addirittura diventi il 'protagonista del contagio', di una pesantissima campagna che ci ha dipinto come interessati solo al profitto e disinteressati alla salute. E' questa la nostra amarezza", dice in una intervista all'ANSA. Con l'emergenza Covid-19 sono passati giorni di "grandissima paura" nella trincea delle imprese, "soprattutto quando sembrava che il contagio fosse solo in Italia, che fossimo solo noi a fermare le produzioni", rischiando di uscire dalle filiere. Per gli imprenditori sono anche giorni di "solitudine": con questo "attacco alla nostra categoria" emerge "l'antico retaggio, mai superato, di una imprenditoria vista come l'impresa dei padroni. E' una cosa sbagliatissima".


    Sono anche giorni di intenso lavoro per il 'Programma Gestione Emergenze' della Piccola Industria: "Uno dei nostri fiori all'occhiello, va nella direzione della responsabilità sociale". Vale anche per l'accordo con il commissario straordinario per l'emergenza: "Crea un canale per l'importazione delle mascherine di cui ha bisogno il Paese e che sono necessarie anche per riprendere il lavoro nelle nostre aziende. In futuro anche per altri presidi sanitari. Così la merce arriva". E c'è solidarietà: "L'importatore inserisce nel prezzo una maggiorazione del 20% che va alla Protezione Civile".   

  La produzione è ferma. Quanto possono resistere le imprese della piccola e media industria italiana? "Non tanto. Se si scavalla l'estate i rischi diventano pesantissimi. Bisogna che per fine aprile, inizio maggio, la 'fase due' inizi almeno per una serie di attività che devono tornare a camminare se non a correre".

  E quando poi l'emergenza sarà alle spalle? "Nulla sarà più come prima". "Con un terremoto parli di ricostruire. Qui c'è da rimettere in discussione tutto, da fare qualcosa di completamente nuovo. E' un cambio di paradigma. Dieci anni complessi e difficili ci hanno fatto capire che dovevamo cambiare ma abbiamo sempre fatto fatica a farlo. Ora tutto si è esponenzialmente velocizzato e ci sta imponendo, nostro malgrado o a nostra insaputa, un cambiamento che porterà a essere diversi domani"; "Lo vedi nella formazione a distanza: c'erano fortissime resistenze" (è la principale area di attività della sua azienda: il Gruppo Ebano, a Novara). "E lo vedi nello sdoganamento dello smart working: ci siamo accorti che funziona", anche come "immenso modello di welfare: vuol dire un modo diverso modo di organizzare la tua vita, le tue necessità, la tua giornata. Vuol dire sostenibilità ambientale, meno spostamenti per andare al lavoro. E risparmi di ogni tipo. Io per primo, vedendo che funziona, ora ci penso un attimo a tornare al modello di prima. Non è una piccola cosa, è una cosa enorme".
   

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